martedì 22 maggio 2012

Happy Ending

C'era volta una ragazza carina ma non troppo, una di quelle tipiche adolescenti assolutamente nella media, che frequentava le medie in una scuola media napoletana. La sua bellezza e il suo carattere passavano assolutamente inosservati agli occhi dei suoi compagni maschili, ma non perché fosse brutta. Semplicemente, loro avevano attenzione solo per quelle adolescenti più sicure, più lanciate verso il mondo delle relazioni, meno intimidite dall'altro sesso ma non necessariamente più carine.
E così, sebbene a questa ragazza avesse qualcosa di speciale come in fondo tutte quelle come lei, raramente poteva dire di avere la meglio sulla concorrenza. Perché sì, quella è un'età in cui la prospettiva di una vita single non alletta e allora meglio fidanzarsi, trovare il proprio principe azzurro, innamorarsene, prima che questo incontri qualcuna più bella (o brava) di lei. Da lì in poi si ritroverà a odiare il nome della concorrente, evitarla, mentre il nome di lui riempie le pagine del diario segreto che nasconde attentamente nella scrivania di casa.
Questa ragazza invece, saltò tutta la fase delle uscite romantiche e passò direttamente al diario. Perché il ragazzo che lei desiderava, non troppo alto, non troppo magro, ma sufficientemente intelligente per avere l'attenzione della concorrenza, proprio non riusciva a filarsela. Chi mai l'avrebbe notata?
Lei cresce, ha nuove storie, il suo cuore si spezza, ma là, in fondo, il ricordo di quel fidanzatino mancato delle scuole medie non accenna a sparire. Persiste, come un chiodo fisso, e probabilmente rimarrà la classica cotta adolescenziale destinata a morire com'era nata. Addio, adieau, goodbye.

E' così che un caldo venerdì sera di metà maggio, ritrovi in corso Sempione la ragazza salita a Milano per salutare la mia compagna Marialaura, affiancata nientepopodimeno che dalla sua cotta adolescenziale,che nel frattempo era cresciuta, era diventata più magra, era entrata in Bocconi, era diventata modello di Abercrombie, aveva appena ottenuto un contratto di lavoro a tempo indeterminato da Chanel. Lui, attraente anche nella sua semplice t-shirt bianca, aveva occhi solo per lei. Sembravano lontani i tempi in cui lei era invisibile ai suoi occhi. Quella sera lui vedeva solo lei. E così sarebbe stato per molti mesi, o forse anni, nonostante una distanza Milano Napoli non indifferente. Eccolo qui, il lieto fine.

Rimano completamente senza parole di fronte al racconto della storia tra Lorenza e Nicola. Chissà quante abbiamo dovuto rassegnarci all'indifferenza di quello che per noi era il bullo della scuola, quello che i nostri genitori ci hanno sempre detto di non frequentare, ma che in fondo nei nostri sogni più ideali sarebbe stato il nostro principe azzurro, iniziatore della lunga lista di futuri ex ragazzi. Pochissime però, possono dire di essere così fortunate da far ricredere quel ragazzo tanto bello e a cui tanto abbiamo corso dietro, e di essersi prese la rivincita: il proprio lieto fine. Cerco di trattenere l'invidia per Lorenza, così intelligente, ma allo stesso tempo bella, che non ha bisogno di strafare pur di avere l'attenzione del suo ragazzo, nemmeno quando poco dopo prendiamo un taxi e andiamo alla Vogue Ambition, giusto per ributtarsi nella vita gaia e dimenticare le continue liti tra me e Andrea dall'altra parte dell'oceano. Entrando mi rendo conto di come quell'ambiente non mi mancasse per niente: ragazzi più o meno effemminati, dal gusto discutibile, intenti a lanciarsi occhiate di compiacimento pur di ottenere la lingua di qualcuno, almeno per quella sera. Trascorro buona parte della serata con Marialaura e Lorenza, facciamo foto, saliamo sul palco e non perdo occasione di notare come nonostante gli anni, le dinamiche nell'ambiente gaio non cambino poi molto. Mai avrei pensato che mi sarei ritrovato a ballare tra un modello Abercrombie e la sua ragazza con alle spalle travestite eccentriche. Quel venerdì sera andò così.
Tornando a casa non potei fare a meno di pensare se anche io e Andrea avremmo potuto avere il nostro lieto fine. Avremmo superato anche questa? La distanza ci avrebbe fatto litigare ancora per molto? O avremmo trovato il nostro ritmo? Camminare da solo la notte mi fece tornare in mente tutte le sere in cui lui era lì, a tenermi compagnia, contando il cammino che ci separava dal mio letto. Quella sera, invece, tentavo con la mente di capire quanto ci sarebbe voluto per riavvicinare lui a me.
Andai a dormire malinconico, nutrendo la speranza che tutti, come Lorenza e Nicola, prima o poi avremmo avuto il nostro lieto fine, poi, Marialaura, che tanto stava capendo quello che stavo passando, mi mandò un messaggio in cui mi dava la forza di sperare. Evidentemente, lieto fine o non, avere qualcuno che ti supporta in qualunque caso è la cosa più preziosa.

mercoledì 9 maggio 2012

Brazilian Life

Anche se la relazione con Andrea proseguiva senza troppi intoppi, l'amore doveva fare però i conti con una scadenza, la sua partenza per il Brasile. Che non si trattava di un semplice viaggio di piacere, ma di una partenza vera e propria.
Eravamo entrambi a conoscenza di questo piccolo particolare. Sin dal giorno in cui, quando ci siamo conosciuti, lui mi disse che stava vendendo tutto perché aveva deciso di comprare con i suoi genitori un ristorante oltreoceano. Macchina venduta, casa venduta, cani nel trasportino, il viaggio era imminente. Più volte ci siamo chiesti se ne valesse la pena, viversi così per poi lasciarsi, ma entrambi eravamo profondamente convinti che l'uno o l'altro potesse cambiare idea e decidere di mandare all'aria tutto e rimanere, o lasciare l'UniCatt, Milano e compagnia varia per spostarsi in una casa sulla spiaggia a fare il cameriere al suo ristorante. Più volte avevo provato ad immaginare la mia vita da Aspirante Carrie Bradshaw oltreoceano: niente più freddo, sole e caldo tutto l'anno, spiaggia a portata di mano, niente più problemi su come o cosa scrivere, addio feste glamour fatte solo di gente con la puzza sotto il naso... forse, e dico forse, mi ci sarei potuto abituare.
Passò poi l'ennesimo weekend, in provincia, dove mi portò nel bar del suo amico per farmi bere Martini con l'oro versato nel bicchiere. Arrivò poi il giorno in cui, appena uscito dall'ufficio, mi fece andare in Colonne per regalarmi una fede. 
Ok, forse il Brasile non sarà così male, pensai.

Approfittai allora delle ore libere in ufficio per guardare su Facebook le foto di un mio vecchio amico gaio. Mattia, fino allo scorso anno vagava da festa a festa, così come da uomo nero a uomo nero, finché non si è fidanzato ufficialmente con un thailandese e l'ha seguito in Thailandia. Il suo profilo pullulava di foto di loro due in spiaggia, in capanna, tra il verde, ancora in spiaggia, a mollo nell'acqua, in un'altra capanna, a mangiare l'aragosta, il tramonto sul mare... ok, tutto romantico, pensai, ma dov'era l'asfalto? Dov'erano i negozi? Davvero potevo essere fatto per la Brazilian Life? 

Arrivò l'ultimo giorno di stage e con esso anche le lacrime. In soli 3 mesi avevo imparato a scrivere bene un articolo (forse), ad avere contatti con clienti, a rispondere alle letterine degli Amici del Mulino, ad inventare giochi per Amici o linee di abbigliamento, approfondire le questioni di diritti musicali con la Siae, seguire uno webinar in diretta... Così, mentre salutavo tutti uno ad uno, non potevo fare a meno di chiedermi se tutto quello mi sarebbe mancato. Non ebbi il tempo di darmi una risposta che entrambe le boss mi chiamarono nel loro ufficio per farmi la fatidica proposta: l'una una spintarella ovunque io volessi (guarda caso, proprio la ex direttrice di Cosmopolitan), l'altra un nuovo contratto di 3 mesi pagati. Avrei avuto giorni per pensarci, ma in quel momento, abbandonate le lusinghe, pensavo solo al fatto che avrei avuto altri 4 giorni da passare con Andrea, e che il mio compleanno era imminente. 

Il giorno del mio compleanno Andrea aveva affittato l'ennsimo appartamento a 5 stelle sui Navigli, comprato alcol a volontà e accettato di venire a mangiare al ristorante cinese nonostante l'idea non gli fosse particolarmente congeniale. La sera poi, dopo un pomeriggio per la città e qualche ora abbracciati a letto, era il momento dei festeggiamenti tranquilli e riservati in pieno stile Aspirante Carrie Bradshaw. Andammo così con Lou*, Clementia e qualche altro invitato al Patchuli dove, con soli 8 euro, avevi la possibilità di cenare, bere, assistere allo spettacolo di Drag Queens, mettere alla prova il tuo ragazzo agli ambienti gai. Andrea si comportò bene in effetti, riuscii a farsi apprezzare da Clementia (in genere ipercritica) tanto da far sì che lei stessa gli chiedesse di non partire più. Ne avevo passate tante con Lou* e Clementia, ma sapere che erano lì con me a festeggiare il mio compleanno con tanto di ragazzo a fianco rendeva il momento ancora più speciale.

Passò l'ultima notte e con lei arrivò anche l'ultimo pranzo. Per l'occasione Andrea decise di portarmi al California Backery giusto per viziare ancora un pò il suo consorte (me). E fu proprio alla fine del pranzo, quando credevo di essere sufficientemente maturo da sopportare il distacco senza alcuna lacrima, che crollai. Iniziai a piangere, piansi per ore, piansi ovunque, anche quando alle 5e30, percorremmo per l'ultima volta assieme via Torino. Mi vennero in mente tutti i momenti in cui c'era, le classiche serate primaverili dove bastava un aperitivo, qualche bacio e si tornava a casa a guardare un film. Volevo tornare all'inizio, rivivere la nostra relazione dal primo all'ultimo secondo, perché ogni giorno, dopo il lavoro, ed ogni sera, fino alle 3, Andrea era lì, pronto a chiamarmi, tenermi compagnia, farmi ridere. Sarei stato ancora in grado di tornare a condurre la mia vita solitaria? Improvvisamente l'idea delle feste, degli aperitivi, delle serate in discoteca non mi interessavano più, io volevo solo continuare ad essere protetto da Andrea. Con la sua disinvoltura mi aveva insegnato a credere in una relazione da vivere alla luce del sole, dove i gay non erano altro che persone innamorate. Arrivammo in stazione e versai altre lacrime, lui non piangeva, ma gli occhi lucidi tradivano quella sicurezza che cercava di darmi: a fine gennaio, quando sarebbe tornato per sbrigare delle commissioni, ci saremmo rivisti.
Sparì sul binario lasciandomi con una borsa di alcolici, l'altra di regali della sera precedente ed un cuore spezzato. Cercai di non piangere fino all'arrivo da Beniamina, ma non ce la feci. 
Il giorno seguente, ancora in lacrime, preparai le borse e presi il treno. Non mi importava più delle possibilità di stage, di Milano, di Nicole, delle feste a cui mi avevano invitato, volevo solo stare da solo. Avevo bisogno di tornare a casa.