mercoledì 27 luglio 2011

L' Aspirante milanese

Un sabato pomeriggio a Milano è un pò la prova del nove, se si vuole capire quanto si è adatti a vivere in una metropoli.
Per prima cosa bisogna prepararsi ad attraversare corso Buenos Aires superaffollato di turisti e fanatici dello shopping che ingombrano i marciapiedi con le loro mastodontiche shoppers. Devi essere abile, se non vuoi finire travolto da qualche sacchetto H&M. E se poi nella folla, vieni anche riconosciuto da una vecchia compagna di Borgo (che ormai non frequento più, ahimè, da mesi), capisci di essere sulla buona strada per essere un milanese doc.
Quando vai a visitare un appartamento poi, devi assicurarti che sia vicino alla movida, e quello che ho avuto la possibilità di vedere era a 4 minuti esatti dalla fermata della metropolitana di Corso Buenos Aires con tanto di negozi a portata di mano. Zara, H&M, Bershka, David Mayer saranno i miei papabili vicini di casa (aiuto, gridano le mie finanze).
Bisogna poi trovare un pò di spazio anche per la propria vita sessuale, così, alle 16e30, quando tutti i ragazzi Aspiranti Carrie Bradshaw che si rispettino sono in centro con la loro Gucci alla mano, io mi aggiravo nei bassifondi di Molino Dorino a soddisfare l'ennesimo etero curioso. Poco importa poi se usciti dalla zona dove avevamo consumato, c'era un'intera pensilina pronta a squadrarmi scandalizzata come se avesse capito quello che avevo appena fatto. Vivere a Milano significa anche creare scandalo.
Ci sono poi le classiche corse metropolitane, tu che con la tua borsa in vera pelle di bufalo, nelle tue francesine appena acquistate, sfrecci tra la gente cercando di non perdere il treno per tornare a casa in fondo sai di essere già a destinazione.
Ma quale casa? Here I am. Milano ormai è il mio nuovo nido.

lunedì 25 luglio 2011

Tour immobiliari

Il primo passo fondamentale da compiere prima di poter vivere in una metropoli, è sicuramente quello di cercare casa: una stanza confortevole e dotata di un armadio capiente, sufficiente a contenere tutti i miei vestiti, con un affitto sotto i 500 euro e soprattutto in una zona centrale. Dove ovviamente centrale significa: vicino ai bei negozi, a due passi dalla metropolitana, non troppo lontano da qualsiasi università io inizi a frequentare a settembre.
Così, siccome non avevo pretese particolari se non quelle di vivere su una strada trafficata dove i taxi possano fermarsi senza problemi, già a giugno iniziai la mia ricerca verso il mio nuovo nido.
Con l'aiuto di Clementia, abile nella scelta degli annunci visti gli appartamenti che aveva cambiato in tre anni, iniziai a pubblicare annunci sui principali siti di studenti disperati alla ricerca di una sistemazione; questi sono stati i risultati:
1. noi ragazzi dalla spiccata componente gaia siamo vittime delle differenze di genere più spietate: il 75% degli annunci sono rivolti esclusivamente a femmine;
2. le coinquiline/padrone di casa sono decisamente intransigenti: non chiudono un occhio nemmeno per noi gay. Le ragazze sono ragazze, i gay sono gay.
3. trovare un appartamento in pieno centro è decisamente un compito arduo se sei solo: le stanze doppie abbondano e le coppie hanno sempre la meglio su noi, poveri single.
4. trovare un appartamento in pieno centro da luglio è straordinariamente facile: Milano in piena estate, a quanto sembra, è un'esperienza che nessuno sembra intenzionato a vivere sulla propria pelle.

Una delle prime risposte fu quella di una casa in Viale Bligny, vicino alla Bocconi, abitata da una ragazza particolarmente simpatica ma ahimè troppo caro.
Fu poi la volta dell'appartamento in zona Crocetta, che suscitò in me una repulsione ben prima di mettervi piede (disertai simpaticamente l'appuntamento senza il minimo preavviso): stabile condominiale, zona tranquillissima a causa dell'ospedale vicino. La calma e la tranquillità che mi circondarono nei pochi minuti in cui mi trovai lì, mi bastarono per capire che su questa stanza ci dovevo mettere una croce sopra.
Settimana scorsa toccò poi ad una serie di appartamenti in Corso Buenos Aires, e lì iniziai a fare i conti con i miei gusti sessuali: prima finii in una casa di maschi assetati di birre, poi in un trilocale di meridionali un pò troppo sostenuti, e infine un altro trilocale particolarmente attraente che visitai il giovedì mattina, di corsa, prima di correre al lavoro.
Arrivai a venerdì disperato. Avevo visto 5 appartamenti, conosciuto persone più disparate, mi ero intrufolato in vie impensabili ed avevo raggiunto una grande consapevolezza: io volevo vivere in Corso Buenos Aires.
Continuai a cercare e scartabellare per ogni singolo annuncio online, quando mi capitò tra le mani un appartamento in una traversa, dal prezzo accessibile e non così fiscale sul sesso dei suoi occupanti. Sabato pomeriggio, approdai per l'ennesima volta in quella settimana a Buenos Aires e poco dopo me ne andai ben soddisfatto per aver trovato una stanza interessante.
Forse, e dico forse, Aspirante Carrie Bradshaw ha trovato la sua stanza. Ora deve compiere la sua scelta: continuare a cercarne di nuove o accontentarsi? Una cosa è certa: se ci fosse stata Paola Marella al mio fianco, a quest'ora sarei già che accasato (e spennato).

domenica 17 luglio 2011

Una clientela "interculturale"

Lavorando nell'enorme Discount di Scarpe in periodo di saldi, si può venire a conoscenza di molti aspetti del comportamento umano. Ovviamente dei lati più peggiori.
Il Discount di Scarpe in cui lavoro non ha nulla a che vedere con paiettes e lustrini à là Carrie Bradshaw: è grande, strabordante di scarpe dal gusto discutibile ed esclusivamente Made in China, prezzi bassissimi e fortemente concorrenziali, ambienti ormai obsoleti. E' quindi comprensibile che eserciti un enorme fascino sugli stranieri. Orde di famiglie, gruppi e coppie avvolti da turbanti e odori speziati, pronti a spendere il loro misero stipendio con l'unico obiettivo di tentare di costruirsi una vita normale in un paese che ad accoglierli ha ancora qualche difficioltà.
La mia professoressa di Pedagogia Interculturale troverebbe nel mio Discount un ottimo campo per le sue ricerche sui (poveri) immigrati alle prese con una realtà che ancora fatica ad accettarli, che non li aiuta ad inserirsi e che spesso, ahimè, li relega ai piani bassi della società. Ma è davvero così?
Queste persone, armate di speranze e fede verso il nostro paese, hanno anche un carattere particolarmente scontroso che spesso mette a dura prova la pazienza e la disponibilità di noi commessi (ma voi direte: non succede forse ovunque?). I nostri clienti multietnici, così umili e spaesati, non hanno il minimo senso di ordine: provano scarpe nel bel mezzo delle corsie, le lasciano a terra, se le trascinano per tutto il negozio e poi, accidentalmente, le dimenticano in giro. Hanno la straordinaria tendenza a non seguire i propri figli che, a loro volta, non perdono tempo e, tra una corsa e l'altra per la corsie del negozio, spostano le scatole, le aprono, ci giocano  e così via. Il tutto sotto lo sguardo indifferente dei genitori che, nemmeno dopo averci visto riprenderli, evitano qualsiasi tipo di rimprovero o osservazione nei loro confronti.
E' quindi chiaro che si tratta di clienti amorevoli, che in fondo hanno bisogno del loro momento di shopping, e come ogni acquisto che si rispetti è giusto che si esiga il meglio. La qualità è caratteristica imprescindibile quindi. Guai a vendere un paio di scarpe o portafogli (sottolineo "Made in China" e dal valore di una ventina di euro per quelli più cari) che non siano di vera pelle o che presentino il minimo difetto. Impensabile. Perchè poco importa se girano in ciabatte, vestiti macchiati, con gelati gocciolanti alla mano e con odori insopportabili: loro esigono che tutto sia perfetto. Poi, non conta se il pavimento è completamente oscurato dalle impronte delle merende dei loro figli, ciò che importa è che, mentre un commesso pulisce, non spolveri vicino al proprio figlio (cosa che viene fatta riprendere dal genitore non con parole vere e proprie e cordialità, ma con borbotti e grugniti). Insomma, non pare abbiano problemi a farsi rispettare, questi nostri ospiti.
Interessante è poi notare come la loro umiltà non li abbandoni nemmeno per un momento. Non appena viene detto loro, di fronte a 7 o 8 paia di scarpe, che è loro compito anche sistemarle (e non lasciarle bellamente sparse a terra, come se fossero pattume) con modi un pò troppo concitati, questi rispondono che non sono "i magazzinieri", loro provano e noi commessi siamo pagati per sistemare, altrimenti parlano col "capo". Insomma, come se i veri fannulloni fossimo noi addetti alla vendita, rei di voler scaricare su di loro, vittime innocenti, compiti esclusivamente nostri. Pena: il licenziamento.
Insomma, davvero un quadretto patetico, a cui io e i miei colleghi (ma sicuramente anche tanti altri lavoratori) siamo costretti ad assistere ogni sacrosanta domenica.

Ci tengo a dire che non sono razzista, odio le generalizzazioni e sicuramente questi atteggiamenti appartengono alla stessa misura anche a noi italiani. Mi sono concentrato su questa tipologia di clienti però, poichè, non appena si accenna al tema "immigrazione", ricondurre la conversazione al classico "razzismo", è ormai inevitabile. In realtà, così come è opportuno che noi italiani ci apriamo ad accogliere il diverso, è altrettanto giusto che questi "nuovi vicini", così buoni e umili, evitino di commentare, indicare e deridere un ragazzo gay che, in abiti gai, non fa altro che svolgere il proprio lavoro. Se proprio bisogna iniziare ad essere interculturali, tanto vale che lo siano tutti.


PS: vi chiederete: perchè sopporti tutto questo? Semplice: si tratta di denaro in più per la mia vita metropolitana. Un occhio, dunque, si può anche chiudere (almeno per un altro pò).

venerdì 15 luglio 2011

La volta che Thyago Alves mi scroccò 10 euro

(squilla il cellulare)

-Pronto?-
-Pronto, Aspirante Carrie Bradshaw?-
-Sì? Ciao Responsabile Riservato (ndr), dimmi tutto-
-Ascolta, c'è qui il fotografo, ha chiesto se vuoi la foto che hai fatto con Thyago Alves giovedì sera-
-Ah, ma non venivano appese in Direzione?-
-No, lui è qui e vuole sapere se la vuoi. C'è solo oggi e poi non passa più, devi dirmi se la vuoi così la prendo e do i soldi per te-
-Perchè scusa? E' anche a pagamento?-
-Sì, costa 10 euro-
-Eh? 10 euro?! Ma... ma scusa, l'altra ragazza che ha fatto la foto con me cosa fa, la prende?-
-Non lo so, devo chiamare anche lei-
-Allora magari aspetta lei, se la prende lei allora mi associo anche io, sennò no...-
-Il fotografo dice che è grande sai. Che vuoi fare?-
- ("oddio, sto guidando, dall'altra parte c'è il Responsabile che temo più di tutti che mi sta chiedendo se voglio spendere 10 euro per una stupida foto con Thyago dell'Isola Dei Famosi, quando non mi è mai interessato nulla di lui nè tantomeno di fare questa benedetta foto. Che faccio? Rifiuta, Aspirante Carrie Bradshaw, risparmia e rifiuta") D'accordo, digli che la prendo!-
-Va bene, a sabato! Ciao-
-Ciao! ("sono un cretino")-

(fine della telefonata)

sabato 9 luglio 2011

Avventure pop(porno)

Ultimamente la mia vita stava prendendo pieghe che solo un film porno abilmente scritto avrebbe potuto pensare.
Complice una vita di reclusione forzata in cui studiare sarebbe dovuto essere il mio unico passatempo, scoprii che il web nascondeva i suoi "tesori" per chi sentiva il bisogno di sfogare le proprie irrequietezze. 
Quattro settimane fa c'era stato il broker italiano tornato dalla Spagna per lavoro, tre settimane fa il militare che ha voluto un rapido servizio a domicilio, due settimane fa un pompiere un pò troppo loquace, settimana scorsa un probabile riccone festaiolo e la scorsa notte una fuga in piena notte.
Perchè sì, con la casa completamente libera ed i genitori a Santo Domingo per le vacanze, Aspirante Carrie Bradshaw, reduce da una serata lavorativa con tanto di foto di Thyago Alves (se non sapete chi è, ricordate il modello dell'Isola Dei Famosi 7), sapeva di non avere sonno, e che cercare compagnia era la cosa migliore da fare per stancarsi un pò.
D'altronde, come Holly Woodlawn mi aveva insegnato, bisognava approfittare dei maschi convertibili. E quando trovai un ventiduenne con casa libera a soli 20 minuti da me, capii che non potevo lasciarmelo scappare. Mi invitò da lui, mi telefonò, mi spiegò dove abitava e poco importava se da lì a 3 ore si sarebbe dovuto svegliare, voleva un gioco di bocca. Sì, perchè, e qui viene il bello: erano la bellezza delle 4 del mattino.
Potevo scegliere: o mi rintanavo a letto in compagnia di Vanity Fair oppure accorrevo nel suo letto in sua compagnia. 
E qui iniziarono scene singolari: io che mi preparavo in fretta e furia per non tardare, io che cercavo di spingere la macchina spenta fino a fuori del cortile per non svegliare i vicini, io che correvo in macchina, con il cielo albeggiante, in direzione della Bella Provincia. Sapevo che dovevo rischiare, l'estate è fatta anche per questo, in fondo.
Arrivai a casa sua con un gran ritardo e dopo le formalità, una sigaretta gentilmente offerta ed un cambio d'abito, mi ritrovavo nel suo letto matrimoniale nel suo grandissimo appartamento con la faccia in mezzo alle sue gambe. Aveva un fisico perfetto, 4 tatuaggi nei posti giusti, un arnese che parlava da sè.
45 minuti dopo ci trovavamo nel suo bagno per le pratiche post-nottata e lì venni a sapere che il tale non solo era fidanzato, ma aveva pure un'agenzia. Mi offrì una seconda sigaretta e rimasi da lui fino alle 6.
Tornai a casa con i pulmini dei muratori che stavano andando al lavoro e il sole che sorgeva, musica alta, finestrino abbassato.
Alle 6 e30 mi misi a letto, terminai Vanity Fair e mi addormentai. Ne era davvero valsa la pena.

venerdì 8 luglio 2011

Pronti, tesi, via!

Dopo una prevedibilissima bocciatura in CineseIII, non resta altro che concentrarsi su 2 cose: la ricerca di una casa milanese e la tesi (ormai da preparare entro inizio settembre, visti i tempi stretti in cui mi stavo trovando a causa dello scivolone dell'ultimo esame). Così, dopo i festeggiamenti per la mia prima bocciatura della mia vita, iniziai a concentrarmi su cosa avrei potuto trattare nella mia temibile "Prova Finale". Cinesi? Dialetti? Web? Niente di tutto questo.
Approfittai dunque per rispolverare l'etnografia sui reality show (che mi aveva fruttato un bel 30) e iniziare così una buona collaborazione con la mia professoressa di Antropologia dei Media in qualità di relatrice. Infatti, cercare un relatore era sicuramente la cosa di primaria importanza per me, e lei rispecchiava a pieno il mio ideale di aiutante. Giovane, simpatica, con un posto in Rai, speaker in radio (di cui ero stato anche ospite qualche settimana prima) ed ormai a conoscenza delle mie aspirazioni e obiettivi: laurearmi entro novembre.
Decisi così di scriverle una mail; prima di inizia, prima si finisce:
Buonasera,
poichè sto iniziando a preparare la tesi, vorrei fissare (se è disponibile) appuntamento con Lei per poter discutere di qualche idea assieme ed avere qualche dritta.Eccetto i giovedì, qualsiasi giorno della settimana per me va benissimo.Grazie in anticipo, Aspirante Carrie Bradshaw
Il mattino seguente però un'amara sorpresa mi attendeva nella mia casella mail: 
Gentile Andrea
è un problema per me... perchè da lunedì comincio la trasmissione e tiro dritto fino a settembre.Se vuole venire a Torino una volta possiamo vederci qui, oppure dobbiamo sentirci via mail o skype.a presto!
Panico. Avevo due scelte: o mi sorbivo 2 ore di viaggio a Torino per mezz'ora di colloquio, oppure mi creavo un account Skype. Persino la tesi si stava rivelando un gran bel problema. Chi ben inizia..