martedì 31 maggio 2011

Cosa imparare da un pomeriggio in Duomo

Per prepararmi a respirare l'aria milanese, venerdì pomeriggio ho aprofittato del mio unico momento libero e mi sono recato in Duomo con Lou*. Dato che ormai dovevo abituarmi alla vita in metropoli, mi sono reso conto che c'erano delle cose che dovevo imparare: calcolare i tempi di percorrenza, in modo da non farsi attendere per 35 minuti di fronte alla Rinascente. Portare con te, se intendi fare un giro per negozi, più di 50 euro in contanti o, in alternativa, ricordarsi di ricaricare la tua carta prepagata, se vuoi evitare di girare per Zara cercando di far quadrare i conti. Tenere presente che a nessuno importa di nessuno, così facendo eviterai anche lo stupore quando verrai a sapere che poche ore prima, proprio lì dove ora tu ti trovi, una ragazza si è suicidata buttandosi dall'ultimo piano del palazzo e nessuno se ne preoccupa. Ricordare che, in periodo elettorale, Milano diventa una città ricca di iniziative interessanti, ma anche che, se fanno un concerto in Duomo muoversi tra tecnici audio, piccioni e turisti è più rischioso di una roulette russa. Annotare che devi essere pronto a tutto, anche a finire in qualche stupida ripresa di qualche stupido cameramen di qualche stupido TG; almeno ero vestito bene. Cercare di non scandalizzarsi se, alle17, il McDonald's di fronte al Duomo è pieno zeppo di gente che ordina panini. Prepararti alle burle metereologiche: io e Lou* siamo stati sorpresi da un forte temporale che ci ha costretti ad attraversare l'intero negozio Darty di San Babila per non tornare a casa fradici.
Venerdì pomeriggio ho imparato questo, ma anche che io amo Milano.  

lunedì 23 maggio 2011

Aspirante Carrie Bradshaw promoter di Bsided



Visto che quando ho saputo che ormai il mio lavoro sembrava essere arrivato  al capolinea (per qualche "inspiegabile" motivo), io mi trovavo a fare shopping, ho deciso che devo contenermi.
Un'entrata (l'unica, se non si contano le esigue ripetizioni che do all'Odiosa Cuginetta il sabato pomeriggio) in meno lascia sicuramente il segno per uno studente in procinto di laurearsi ma con un gran debole per lo shopping. Eppure, venerdì pomeriggio venni messo alla prova: lì, sulla pagina del mio Vanity Fair di aprile (?) comparivano le Espadrillas, nuovo must della stagione estiva. Sebbene abbia da sempre snobbato quel tipo di calzatura, capì che potevano fare al caso mio per due evidenti motivi: costavano poco, ed in tempi di austerity un occhio al portafoglio non fa mai male, ma soprattutto erano tornate di gran moda, tanto che Missoni ed Hawaianas avevano creato una fantastica linea esclusiva dall'abbordabile prezzo di 110 euro o giù di lì. Insomma, andavano comprate.
Decisi dunque di cercarne qualche modello online, giusto per avere un'idea, quand'ecco che piombai in loro. Loro, le Bsided, espadrillas la cui unica particolarità era quella di riportare sulla tela il disegno della sneaker. Modello giovanile, accattivante, originale e disponibile in tutti i colori.
Non potei fare a meno di chiudere un occhio e di ordinarne un paio su Ebay, visto che il sito ufficiale le dava già quasi tutte esaurite. Io dovevo averle.

Così, dopo un lungo pomeriggio speso a cercare di comprendere come comunicare con un venditore cortese via mail, ordinai il mio nuovo paio di scarpe, utilissimo per le calde giornate estive in cerca del mio nuovo appartamento nella metropoli.

Ma non bastava, domenica pomeriggio, impegnato nel mio lavoro, venni fermato da una cliente che mi chiese dove potesse trovare un paio di Espadrillas per il proprio figlio. Ne cercava di originali. Ed io non potei non indicarle il sito dove cercarle.

Perfetto, in caso la mia Frivola Responsabile decidesse di non avere più bisogno di me e del mio pettegolezzo, saprò di certo cosa aspirare a diventare: promoter per le Bsided!


domenica 15 maggio 2011

Ultima

Un paio di sere fa sono uscito a cena con la mia amica Lou*.
Si trattava di un'occasione utile per raccontarle delle ultime novità, dell'università, della mia vita sessuale apparentemente in rialzo, e poi anche per festeggiare i miei 22 anni, dato che finora di farlo con lei  non ce ne era stata occasione.
Decidemmo di andare in un ristorante della mia Bella Provincia, in centro, carino, di buon gusto e ideale per le coppie. 
Non appena ci accomodammo al nostro tavolo però, ci fu una cosa che attirò la nostra attenzione: lì, a fianco a noi, nel bel mezzo della sala, ad un tavolo solitario sedeva una donna. Era sulla trentina, non particolarmente attraente, intenta a godersi un piatto di pesce, e completamente sola. Io e Lou* avemmo due reazioni opposte. Lei, proprio come chiunque altro l'avrebbe osservata, provava un sentimento molto vicino al compatimento. "Poverina" furono le prime parole che le uscirono dalla bocca. Ma ne ero certo: almeno il 90% delle persone all'interno di quella sala di ristorante, aveva pensato la stessa identica cosa non appena l'aveva vista. 
Io, invece, ebbi un'opinione diametralmente opposta. Laddove regnava l'apprensione, io provavo ammirazione. Era una delle poche persone che, ancora oggi, riescono a farsi coraggio e decidono in totale autonomia di uscire un venerdì sera e cenare in completa solitudine. Senza finzioni, senza armature, senza compagnia. Era l'ultima. L'ultima donna single pronta a sfidare le convenzioni.
In una società dove chi è single sembra sempre esserlo più per necessità che per scelta, mostrarsi soli in occasioni come cene in ristoranti, inviti a cerimonie e vacanze, è diventato un evento più unico che raro. Sfuggire agli sguardi di compassione, di compatimento o di pietà sembra difficile, ma la realtà è che quella donna ha dato una lezione a tutti. Fidanzati e non, ha mostrato come una vera donna senza uomo deve comportarsi. E cioè: andare fieri di quello che si è. Ha dimostrato che non serve necessariamente la compagnia di qualcuno per trascorrere un buon venerdì sera, nè tanto meno vivere in finzioni o credenze socialmente costruite (vedi:il matrimonio) per sentirsi realizzati. Basta solo stare bene con se stessi.
Al momento sembra rappresentare l'ultimo esemplare di una specie in via di estinzione, sta solo a noi, single di qualunque età e genere sessuale, stabilire se seguirne l'esempio coraggioso oppure renderla effettivamente l'ultima.

lunedì 9 maggio 2011

The winner is



Si dice che la vita sia fatta di sfide: un esame da superare, un colloquio da affrontare, un primo appuntamento a cui prendere parte. E se il tipo in questione, oltre a piacerti, è intelligente ed apparentemente affidabile, la sfida si fa ancora più ardua.
Ci si aggiunge poi l'amica apprensiva con cui ti puoi sfogare nei momenti di insicurezza, quella che sempre c'è stata, ti conosce, fa il tifo per te e ti da fiducia, l'amica che invece non fa altro che evidenziare, come se non bastasse, i tuoi difetti, il tuo non essere capace di vivere serenamente qualsiasi tipo di relazione con una persona che ti attrae e che poi, puntualmente critica qualsiasi tua parola al riguardo. "Non sei adatto", "non va bene", "sei troppo pesante", sono le parole che ti tocca sentir dire, ma tu, nel pieno della tua sfida con te stesso, in un settore che da tempo è rimasto inesplorato, non vuoi ascoltarle queste chiacchiere. Sai quello che fai. O per lo meno, credi.
Ci sono poi le tue colleghe, che come delle perfette aiutanti in ogni fiaba a lieto fine che si rispetti, aiutano e infondono il coraggio al protagonista, credono in lui, tifano per la buona riuscita della sua impresa e gli procurano persino gli strumenti (l'abito) per la grande resa dei conti. Il tutto per tutto. Oltre ad insegnarti, ovviamente, che il lieto fine, in fondo, esiste per tutti.
Ci sono poi gli altri, il resto del mondo, a cui vuoi nascondere tutto, perchè, almeno per questa volta, vuoi salvaguardare quello che sta succedendo, ma soprattutto te stesso.

Al momento cruciale della sfida dovresti essere carico, farti valere, combattere, impegnarti per ottenere quello che vuoi. Ma poi, quando ti guardi poco prima di entrare in campo e provi ad infonderti forza, improvvisamente ti accorgi di non essere adeguato. Di non volere più rivivere certe ansie, di non volerti più rimettere in gioco. Perchè di concorrenti attraenti e migliori di te c'è pieno il mondo, in fondo. La paura prende il sopravvento. Perchè sai, che non è vero quello che si dice, il lieto fine non vale poi per tutti. Specialmente se sei un ragazzo qualunque dalla un pò troppo spiccata componente gaia. Ed allora ti lasci sopraffare. Addio, goodbye, adieu. Non importa come, l'importante è uscire da questa faccenda il prima possibile. A qualunque costo. In qualunque modo. Perchè poi, tieni di più a te stesso ed alla tua serenità, che ad un'eventuale vittoria.
Ci sono persone che sono abituate a questo genere di sfide e sanno affrontarle a testa alta, con i piedi per terra, in modo critico. Io purtroppo vivo ancora nella mia campana di vetro ed ormai per uscirne è troppo tardi. E allora in queste sfide non c'è più nessun vincitore, ma solo qualcuno che, per qualche istante, ha pensato illusoriamente di poterlo diventare.

giovedì 5 maggio 2011

Rimediare a Querceto

Ci sono persone che, pur non frequentando per mesi, difficilmente escono dalla tua testa.
Il mio rapporto con Querceto, l'amico etero con cui trascorrevo le mie domeniche al Borgo, terminato ormai quando il mio terzo anno accademico stava iniziando era ormai praticamente al capolinea. O per lo meno, così sembrava.
C'erano stati mesi di silenzio, un paio di messaggi di Natale e Capodanno che lasciavano davvero a desiderare, ma anche un pensiero che, specialmente in questo periodo, continuava a tornare a lui ed al modo in cui l'avevo simpaticamente allontanato (cioè: sparendo prima di una vacanza prenotata senza un minimo di preavviso).
Deciso però a non lasciare un così grande errore alle spalle senza nemmeno aver cercato di risolverlo, optai per l'ennesimo tentativo di scuse. L'ultimo appello. L'ultimo messaggio.
Fu così che un giovedì sera composi una mail in cui scrivevo le motivazioni del mio allontanamento, il dispiacere per il modo in cui tutto era avvenuto, la speranza che lui, nonostante tutto, la smettesse di considerarmi, come mi aveva detto a settembre, "una grandissima delusione" e si ricordasse di me come colui con cui aveva condiviso bei momenti. Anch se ora era fidanzato, anche se ora non ci vedevamo più, anche se la mia vita voleva cambiare.
A distanza da una settimana non ricevetti risposta. E lì capì che probabilmente Querceto stava facendo passare a me, quello che io avevo fatto a lui mesi addietro: usare l'indifferenza.
Me lo meritavo. E non potevo farci più nulla. Ma poi mi resi conto che forse la soluzione migliore era prendere la cosa esattamente per come era: qualcosa che apparteneva al passato, e che quindi, come tale, andava rilegato all'estate 2010. Così, preso da un momento di rassegnazione, lo cancellai dai miei amici.
Quella stessa sera, Querceto mi scrisse un messaggio. Si trattava del suo primo segno consapevole nei miei confronti. Mi disse che, sebbene fosse dispiaciuto per quello che era successo, lui riteneva di aver superato il triste episodio e che, sicuramente, ci saremmo rivisti dato che avevamo ancora una vacanza in sospeso.
Si trattava di quel genere di incontri a cui sai che non andrai mai, ma che in un certo senso, ti rincuorano. Ora che sapevo che Querceto aveva apprezzato le mie scuse, potevo tornare tranquillo. Avevo sopperito ad uno degli innumerevoli sbagli degli ultimi anni. Complimenti a me.

martedì 3 maggio 2011

L'Inno all'Amore

Mentre io mi accingevo a programmare i miei prossimi mesi immerso negli esami, le vite dei miei amici proseguivano più spensierate che mai.
Nello specifico: Clementia si ritrovava con un esame di criminologia da preparare, Sam si divideva tra due fantomatici amori corrisposti e Xander aveva un appuntamento con un appena diciottenne scovato fresco fresco nella rete. Si trattava di un appuntamento organizzato così, all'ultimo, niente di programmato. Ma, come si dice comunemente, le cose improvvisate sono sempre le migliori. E con lui è stato così. Nemmeno 24 ore dopo ed il mio amico venticinquenne impostava su Facebook la sua relazione sentimentale, e la sera, mentre ci recavamo al Borgo, sganciò a me e a Vanish la bomba: aveva anche detto la fatidica parola. Quella parola che ad un primo appuntamento non andrebbe nemmeno pensata, figuriamoci detta: "Ti amo".
Ok, facciamo mente locale: due amici dell'universo gai. Entrambi apparentemente innamorati. L'uno, convinto fino a qualche settimana fa di andare a convivere con il suo "vero amore", oggi si ritrovava a mettere in discussione il suo sentimento ed a dividersi tra nuova e vecchia fiamma, l'altro in meno di 24 ore aveva iniziato e concluso la sua fase di innamoramento con uno che aveva visto una sola volta. Che stava succedendo?
La primavera causa un'esplosione d'ormoni pazzesca. Coppie per strada, i sensi si risvegliano, serve qualcuno su cui sfogare le proprie pulsioni represse. Ma bisogna davvero chiamarlo "amore"?
E' ormai risaputo che le persone ricorrono alla falsificazione emotiva pur di non affrontare la reale solitudine, ma bisogna per forza citare il fatidico "I love you"? Arrivai al Borgo con queste domande e là, venni prontamente confermato da decine di persone più o meno ubriache intente a baciarsi con perfetti sconosciuti di cui probabilmente il giorno successivo non avrebbero nemmeno ricordato il nome. E lì, in mezzo alla folla borgara, con Xander intento a scrivere la buonanotte al suo ragazzino, capì che probabilmente non erano loro ad essere in errore, ma io.
Il mondo gaio, ed io ne facevo parte, è notoriamente considerato l'ambiente volubile per eccellenza: l'interesse per il vestire, la musica Pop, la frivolezza negli atteggiamenti... probabilmente quello era lo stato d'animo migliore per affrontare l'ambiente. Potevo adeguarmi, oppure diventare la cosiddetta "pecora nera" e continuare per la mia strada. Senza compromessi, senza la costante necessità di trovare per forza qualcuno a cui piacere e a cui dire "ti amo". Insomma, senza cercare approvazioni.
Avevo altro a cui pensare ora, l'amore poteva attendere.