mercoledì 29 settembre 2010

Una gita da Abercrombie



Ci sono errori che difficilmente possono essere perdonati con grande facilità: ritardi nelle consegne di compiti in classe, occhiate interessate ad un ragazzo occupato, mancata precedenza in strada, spifferare una confidenza scottante...
Per Aspirante Carrie Bradshaw invece potevano far parte dei cosiddetti "errori imperdonabili" il fatto di non essersi ancora recato a curiosare nel negozio più cool del momento. Il negozio che, quasi un anno fa (il 29 ottobre per l'esattezza), ha portato un tocco internazionale a Milano ed è stato accolto con grande interesse dai più giovani fashion addict (e non solo); di chi sto parlando? Ma dell'Abercrombie and Fitch, ovviamente.
Un fortunato brand americano, che ha invaso anche Londra, il cui punto di forza, oltre ai capi, è il personale costituito interamente di modelli e modelle. Tanto per unire l'utile al dilettevole insomma.
E fu proprio oggi, girando per i negozi di via Vittorio Emanuele, che decisi di approfittare di un pomeriggio di shopping milanese e della compagnia della cara Clementia per far tappa dove ancora non ero riuscito a mettere piede.
Quando visiti (e per Abercrombie si tratta proprio di visitare) un luogo di cui hai tanto sentito parlare da stampa, media e conoscenze varie ed il sabato pomeriggio ha sempre all'entrata una fila di clienti in attesa  paragonabile solo a quella dei saldi, hai sempre qualche carica di aspettativa positiva: troverò qualcosa di interessante? Diventerà uno dei miei punti d'acquisto preferiti? Potrò finalmente respirare quell'essenza americana tanto esaltata? E così via.
Appena entrammo ci trovammo di fronte a 4 ragazzi aitanti e bellissimi, qualcuno italiano, qualcuno inglese, sempre sorridenti e cortesi, sul cui sfondo si apriva in maniera scenografica l'interno del locale. Una via di mezzo tra il boscaiolo ed il ricercato. Atmosfera soffusa, musica alta, scaffali in legno, qualche pietra per dare quel tocco di selvaggio... difficile, per me, sapere dove stessi andando. Specialmente se l'ambiente pullula di commessi che facilmente ti fanno perdere la concentrazione ed il cui compito è essenzialmente quello di blaterare a vanvera: "Hi, how are you?" senza aspettarsi una risposta.
E se poi, mentre sei in cerca di una camicia scozzese che faccia al caso tuo, noti che la merce è disposta in maniera minuziosa e si ripete sempre in maniera identica in ogni angolo del negozio, allora capisci che forse si tratta di qualcosa di sopravvalutato. Come d'altronde lo sono tutte le griffes. Rappresentano uno status simbol con cui tutti, in un modo o nell'altro, vogliono avere a che fare. Realizzai dunque che Abercrombie and Fitch non poteva essere considerato uno store, il cui scopo era quello di offrire merce al cliente, ma una sorta di attrazione in cui più importante era offrire un'esperienza. Un'esperienza da raccontare a conoscenti, amici e parenti, tanto per iniziare una conversazione il giorno dopo dicendo, "Sai, sono stata da Abercrombie e ho visto dei commessi che sono la fine del mondo".
Purtroppo non sarebbe stato il negozio per me: troppo dispersivo e buio per uno che quando vede un capo interessante va in fibrillazione e perde il controllo di sè, poca scelta nei capi, prezzi fuori dalla mia portata ed infine, chiamatemi pure antipatico, commessi troppo belli dotati di charme. E so bene che l'effetto che mi fanno è ben diverso di quello che spinge centinaia di ragazzine a fare tappa lì.
Insomma, una gita ve la consiglio, magari può fare al caso vostro. Io, sebbene aspiri a diventare Carrie Bradshaw ed a vivere tra le griffes, mi trovo più a mio agio nella semplicità dell'H&M.

lunedì 27 settembre 2010

Twitta che ti passa

Molti sono i vantaggi di cui puoi disporre quando vivi nell'epoca del Web 2.0: conoscere ragazzi online, imparare molte cose di cui prima ignoravi l'esistenza, indagare sui segreti dei tuoi nemici/amici Facebook, acquistare cose e, per finire, assistere in differita alla settimana della moda milanese.
Nei giorni trascorsi infatti Aspirante Carrie Bradshaw si era ritrovato a fare i conti con l'amara realtà: mancare all'evento modaiolo per eccellenza, meta di tutti i fashion addict, modelle, stilisti ed aspiranti tali, ma anche di aspiranti giornalisti che, proprio come me alla Vogue Fashion's Night Out, cercano di farsi notare da più persone possibili. Ogni assenza a quell'incredibile spettacolo rappresenta un treno perso in più. Ed io ero a quota mezza dozzina già a 21 anni.
Ero così costretto ad ascoltare le radiocronache degli inviati, mentre mi trovavo al mio attuale lavoro, tra una scatola e l'altra, intento a sistemare scarpe e a far fronte a colleghi scortesi. Potevo ritenermi la Cenerentola del giornalismo; anche io avrei trovato la mia fatina che mi avrebbe svelato l'accesso a quel mondo patinato? Oppure mi sarei dovuto arrendere alle mie aspirazioni? D'altronde, con quello che stavo studiando non sarebbe stato semplice entrare a farne parte; specialmente se si saltano gli appelli d'esame come io avevo fatto qualche giorno prima.
Ma poi, un giovedì sera, stanco e amareggiato per le occasioni perse (o mai presentate), grazie al succitato Web 2.0, qualcosa si mosse. Stavo aggiornando il mio profilo Twitter, un social network simile a Facebook, ma decisamente più semplice dove le uniche cose che si possono fare sono aggiornare il proprio status e seguire altri profili in modo da poter leggere ciò che questi pubblicano. Unica regola: rimanere nei 120 caratteri a disposizione per ogni tweet. Questo sito, famosissimo in Usa ma sottovalutato in Italia, aveva fatto sì che trovassi la mia Carrie Bradshaw italiana di nome Silvia Paoli, giornalista di Vanity Fair ed esperta di stile. E fu proprio lei, presente alle più importanti sfilate, ad informare i suoi 131 followers di Twitter con i suoi tweet (cioè aggiornamenti di stato) sulle ultime tendenze. Grazie a lei ho potuto sapere in tempo reale che per essere al momento giusto e nel posto giusto in questi giorni è necessario svegliarsi alle 5 del mattino (pur vivendo a Milano), che per la prossima Primavera/Estate Cavalli rilancia i gilet pieni di frange oltre che i jeans con richiami folk, che MaxMara propone leggins color limone più larghi alla caviglia e che girare per tra i catwalks in stivaletti Bottega Veneta fa chic. Insomma, grazie a Twitter potevo usufruire in tempo reale della cronaca delle più importanti sfilate milanesi.
Non sarà come essere lì presente, ma era sempre qualcosa in più. D'altronde, anche Silvia Paoli ha studiato per una laurea in Diritto Internazionale apparentemente estranea al suo lavoro ed è entrata alla Mondadori con un semplice stage. 
Grazie, Twitter! Con i tuoi tweet il rammarico è ora solo un lontano ricordo.

giovedì 23 settembre 2010

Tutto quello che so della vita l'ho imparato da Sex and the City






Riprendere l'estenuante ritmo accademico tutto in un botto non è cosa facile. Anche se per tutto il mese precedente hai iniziato un lavoro. Ragion per cui, iniziare a girovagare per la mia adorata UniBi così, senza niente da fare e prima del mio primo giorno di lezioni (fissato per il 4 ottobre) poteva essere la soluzione migliore per unire due scopi: il primo, riprendere la routine senza grossi traumi, il secondo, rivedere la mia amica Clementia.
Se poi a tutto questo aggiungiamo che avevo ancora da darle i regali di un compleanno festeggiato il 30 giugno ed un libro da recuperare per l'esame che molto probabilmente non sarei riuscito a dare, allora avevo solo una scelta: salire a tutti i costi a Milano.
Arrivai nella stazione dell'UniBi più felice per il mio incontro con Clementia che per altro, ed infatti qualche minuto di attesa dopo, e la mia cara amica fece la sua apparizione da dietro un Tram. Comparsa poco poetica, certo, ma per un milanese (o Aspirante tale) questo era il massimo della spettacolarità. 
Eseguite le nostre commissioni ed aggiornatici sugli ultimi avvenimenti, passammo allo scambio dei doni. Uno scambio alla pari, visto che anche Clementia, ormai arricchitasi grazie al suo lavoro estivo da receptionist, aveva preso un dono per me. Io le regalai, tra tutto, il dvd di Sex And The City The Movie, un must per chi è mio amico. Lei, invece, un libro intitolato, guarda caso, "Tutto quello che so della vita l'ho imparato da Sex And The City", un must per chi, come il sottoscritto, aspira a diventare Carrie Bradshaw e trascorre la sua vita pianificando la sua metamorfosi.
Titolo eloquente a parte, sembra il libro fatto apposta per me: un prologo accattivante, capitoli suddivisi per tematica (l'armadio, gli uomini, le amicizie, gli ex etc..), accurati rimandi ai singoli episodi o al film... ma soprattutto, la dimostrazione di quanto questo telefilm abbia influenzato la vita di noi singles.
Insomma, un vero terno al lotto. Specialmente, se il modo di scrivere dell'autrice (Paola Maraone), ricorda vagamente quello che vorrei adottare io, una volta che Vanity Fair o chi per lui mi farà firmare un contratto da redattore. Ancora devo terminare di leggerlo, ma sicuramente si rivelerà spunto per qualche mio futuro Post. I miei lettori sono avvisati.

(per chi volesse saperne di più: "Tutto quello che so della vita l'ho imparato da Sex And The City" di Paola Maraone, ed. Rizzoli, 194 pag, prezzo: è un regalo, non si dice)

venerdì 17 settembre 2010

My final countdown


Ieri, 16 settembre 2010, alle 22.00 in punto, Aspirante Carrie Bradshaw ha terminato ufficialmente il suo impegno lavorativo full time. 16 giorni, di cui 14 all'opera, in cui sistemare scarpe, servire clienti, pulire il negozio e fare vetrine erano diventate il passatempo (obbligato) in attesa che arrivasse una busta paga. 16 giorni di conto alla rovescia che ieri ha raggiunto la sua meta.

In fondo però, tono melodrammatico a parte, il mio servizio si è rivelato decisamente utile per un ragazzo snob come me. Ho conosciuto persone simpatiche, mi sono messo alla prova, ho imparato cose nuove... e questo in compagnia del mio inseparabile amico Sam che, occasionalmente, ha provveduto a togliermi da situazioni critiche con clienti e responsabili.
Ovviamente non si trattava della fine della mia esperienza da commesso, ora restavano altre due settimane part time in cui potevo, oltre che alzare ulteriormente il mio guadagno, anche mettere in pratica tutto ciò che potevo dire di aver imparato. Poi si sarebbe visto.
Purtroppo non sarei riuscito a dare l'unico esame che mi ero prefissato di passare in questa sessione prima dell'inizio del mio ultimo anno accademico, ma se c'era una cosa che avrei voluto fare in quest'estate ormai agli sgoccioli era proprio la possibilità di misurarmi in qualcosa di nuovo. Imparare qualcosa di pratico che dal mero studio teorico non sarei riuscito a cogliere. Sicuramente non avrei avuto la soddisfazione di tornare a casa e spuntare un esame dall'elenco di quelli mancanti, ma di certo avrò la possibilità di godere delle mie fatiche girovagando in qualche negozio.
D'altronde, come racconta Carrie Bradshaw nel film, anche la mia eroina ha avuto un passato da commessa, durante gli studi . Potevo forse fare altrimenti?

PS: una prima soddisfazione l'avevo già avuta. Qualche giorno fa è arrivato il mio nuovo cellulare, un Nokia E71 acquistato sul web, che avrebbe avuto l'onere di sostituire il mio, scomparso amaramente qualche settimana fa. L'ho pagato interamente io. Un piccolo passo per l'umanità, un grande passo per Aspirante Carrie Bradshaw.

mercoledì 15 settembre 2010

Vogue Fashion Night Out: uno spiraglio di moda per (quasi) tutti



Circa una settimana fa, si è svolto un evento più unico che raro. 
Si trattava della famigerata Vogue Fashion Night Out, una sorte di notte bianca voluta da Franca Sozzani (direttrice di Vogue Italia ndr) che coinvolgeva fino alle 23e30 i negozi del Centro di Milano. Con la possibilità, in più, di poter incontrare stilisti, modelli, specialisti del settore e soprattutto Vip.
Molte delle persone considerano l'evento come qualcosa di più simile ad una passerella. La possibilità di osservare nel loro habitat naturale di via Montenapoleone o di Via della Spiga i volti più conosciuti del jet set italiano intenti a fare ciò che gli riesce meglio: sperperare denaro in negozi monomarca e far baldoria alla faccia dei comuni mortali accorsi fin lì speranzosi di una loro fotografia o autografo.
Di fronte ad un'occasione del genere io, Xander e la sua amica Aly non potevamo tirarci indietro. D'altronde nemmeno Carrie Bradshaw avrebbe disertato per nulla al mondo. Ma io, a differenza di molti, puntavo ad altro: conoscere nuovi contatti che sarebbero potuti rivelarsi utili per attingere storie su ciò che volevo diventare; ragion per cui più che di vedere Simona Ventura, puntavo di avvistare Paola Jacobbi (giornalista di Vanity Fair ndr).
Fin dal nostro ingresso in via Montenapoleone, con una folla sempre più sostanziosa, ebbi modo di conoscere qualcuno: si trattava di un'avvocatessa ventiseienne, di Milano, originaria di Napoli e in procinto di partire per un anno di studio in Belgio. Aveva buon gusto, era simpatica, viveva a fianco di Lapo Elkann e soprattutto conosceva una giornalista del mio amato Vanity. 
Cercai di risucchiare più informazioni possibili dalla mia nuova conoscenza, ma tutti i miei sogni andarono in mille pezzi quando mi rivelò una verità già di per sè prevedibile: tutti coloro che scrivevano sulla succitata rivista, non erano lì per caso. La loro professione era stata, in un certo senso, caldamente consigliata da qualcuno ai piani alti. Rimasi a bocca aperta. Una vera delusione per un Aspirante Carrie Bradshaw come me.
Una volta salutata la mia nuova amica ed esserci scambiati i dovuti contatti, andò a finire che mi persi dai miei amici e che dovetti barcamenarmi per Via Montenapoleone tutto solo. Vidi Vip, negozi glamour, personaggi cool e vere fashion victim, rappresentanti della Milano Bene intenti a sorseggiare champagne e socializzare di fronte a "comuni mortali" che li ammiravano e invidiavano.
Come non mai la differenza tra classi era chiara, Vogue Fashion Night Out implicitamente riusciva a distinguere ricchi e non, chi, con le raccomandazioni, poteva costruirsi una carriera, e chi invece la sognava.
Io, ancora sognatore ed incosciente, ancora eternamente innamorato di Carrie e fiducioso, continuavo a sperare che forse, un giorno, avrei potuto mettere la mia firma ad un articolo di Vanity Fair e sarei stato in grado di incuriosire tutti i suoi lettori.
Utopia? Forse, intanto valeva la pena provarci.

lunedì 13 settembre 2010

Occasioni

Sebbene lavorassi da solo qualche giorno e ancora avevo notato che avrei avuto molte cose da imparare prima di potermi definire "commesso" a tutti gli effetti, non avevo invece trascurato il lato più interessante dell'occuparmi di un negozio di scarpe.
Avevo adocchiato un paio di Clarks in camoscio, in un colore simile al beige, e trascorrevo le mie ore di sudore ammirandole e osservando con attenzione che nessun cliente si accaparrasse il mio numero, anche a costo di nasconderlo. Lo so, quello che stavo facendo era poco professionale, ma non appena Sam torno dalle ferie, capitai nel suo turno di attività e mi disse che avrei avuto il 20% di sconto su qualsiasi mio acquisto, allora capì che non potevo farmele scappare.
Approfittammo dunque di 5 minuti di tranquillità in negozio e ce le provammo; il giorno seguente, Aspirante Carrie Bradshaw usciva dal centro commerciale con le sue nuove scarpe pagate il 20% in meno.
Non sembrava il mio stile, in genere non portavo capi simili. Eppure oggi, con il mio primo acquisto frutto del mio impegno professionale, ero pronto ad indossarle e, in caso, entrare in qualche losco giro di drogati o clochard pur di fare la mia sporca figura.
In effetti, una delle cose che la mia beniamina mi sta insegnando da anni è proprio quella di non lasciarmi sfuggire certe occasioni. Io non potevo esserne da meno: non solo avevo approfittato di uno sconto sostanzioso, ma avevo anche dato un tocco alla mia scarpiera diverso dal solito.
Se questo non è seguire alla lettera la mia Carrie...




mercoledì 8 settembre 2010

The dancing Queens (?)

Ci sono giornate il cui esito è chiaro sin dal loro inizio. In cui il buongiorno si vede dal mattino, come si dice abitualmente.
Sabato mattina, appunto, mi trascinavo stancante e svogliato verso una nuova giornata di lavoro oltre che l'inizio di un nuovo weekend in cui Sam sarebbe tornato dalle sue vacanze e mi avrebbe accompagnato alla riapertura dello Stand Up che si sarebbe tenuta la sera stessa. I programmi erano già fissati: Aspirante Carrie Bradshaw, Sam ed il loro amico trentenne Paolo, avrebbero assistito all'inaugurazione del "nuovo" Stand Up e si sarebbero immersi per qualche ora nella folla gaia. Per molti era l'occasione di fare nuove conoscenze o per rivedere il look rinnovato della discoteca, per me l'opportunità di vedere (quasi certamente) Marco e soprattutto Matteo.
Intento a sistemare i primi paia di scarpe in attesa di un pò di movimento, venni a sapere dalla mia Frivola Responsabile che l'indomani avrei anticipato il mio turno domenicale alle ore 10 anzichè (come l'accordo) alle 13 e 30. E lì, con una scarpa spaiata in mano, ancora insonnolito e annoiato da un lavoro monotono e solitario, iniziai per la prima volta ad odiare le aperture festive dei centri commerciali unite a capi che si divertivano a spostare turni di lavoro a sorpresa.
Tuttavia non c'erano storie: Aspirante Carrie Bradshaw quella sera sarebbe apparso a Matteo, re del cubo dello Stan Up.
Ignorai le preoccupazioni, le ore di sonno perse e la prospettiva di una nuova giornata tra le scarpe ed alle 20e30 mi trovavo in doccia mentre cercavo disperatamente di liberarmi degli ultimi peli rimasti sulle gambe. Gambe che quella sera avrei sfoggiato in un paio di pantaloncini corti ed una camicia di Jeans. Se dovevo rivedere certi tipi era meglio mostrare loro cosa si erano persi.
Sfidai, oltre che una sveglia mattutina troppo audace, anche la temperatura che quella sera non era tra le migliori per dei pantaloncini. Nemmeno questo, naturalmente, mi importava: la sfida con il re del cubo era ufficialmente aperta. 
Arrivammo allo Stand Up poco dopo mezzanotte e notammo che qualcosa era davvero cambiato, ma la clientela no. Optammo subito per il binomio primo drink-sigaretta nella nuova sala fumatori e fu raggiungendo quella che vidi Marco, la mia prima, docile, vittima. Ma purtroppo i piani saltarono: cercando di farmi strada tra la gente accalcata, finì con la faccia spiattellata su un pino, e fu quella la posa in cui Marco mi vide per la prima volta dal nostro terzo (e ultimo) appuntamento. Un vero flop per Aspirante Carrie Bradshaw.
Rientrai passando per la pista da ballo e Sam individuò tra la folla Matteo. Ancora amareggiato per l'incontro di qualche minuto prima e scioccato per l'apparizione, decisi di nascondermi tra le gambe dei miei amici. 
Non era di certo questo il contesto migliore per essere ammirato dalla testa alle mie gambe depilate in fretta e furia da qualcuno che doveva rinfrescarsi la memoria sulle mie qualità.
Ballammo per un pò, finchè decisi di andare in bagno da solo. E lì, mi trovai faccia a faccia con lui, Matteo, il ragazzo da cui improvvisamente ero sparito dopo un primo appuntamento e per il quale avevo presenziato quella sera. Lì, in un bagno stretto ma con la possibilità di essere ammirato da capo a piedi, capì che in fondo, in cuor mio, sebbene avessi largamente superato il tutto, ero ancora in quella fase di speranza. Quella fase in cui vorresti che la persona che hai smesso di sentire o frequentare ti ritorni a cercare. Ma purtroppo non sarebbero state una camicia di jeans ed un'opera di coraggio come andare in giro con le gambe scoperte ad aiutarmi.
Cercai di fingermi indifferente ed evitare un suo sguardo, ma quello che sentì fu chiaro: "Ecco qui la t***a". Non ci potevo credere. Aveva davvero detto questo?
Era troppo, era giunto il momento di farsi valere con il re del cubo e mostrare chi in realtà aveva più dignità dell'altro. Approfittati così di Matteo sul cubo e di tutta una serie di abbracci che il mio amico attivo Paolo mi diede in pista e a portata d'occhio della mia vittima, per far sì che Sam, con la coda nell'occhio, potè notare che la vendetta era stata compiuta. Il re del cubo dello Stand Up aveva assistito ad un atto di provocazione da parte di qualcuno che t***a non lo era affatto.
Fui così soddisfatto della serata che pensai di espandere il mio coprifuoco dalle 3 alle 3 e 15: complice "I gotta feeling" che risuonava nelle casse ed un cubo che era tornato mio e di Sam, approfittai per scatenarmi in salti e passi di danza. Giusto per dare un ultimo sfoggio della mia figura intera nel caso l'ormai ex re del cubo fosse ancora in pista a cercare di racimolare complimenti. In questo stava la differenza: io, diversamente da Matteo, non avevo bisogno di un'approvazione o complimento da qualcuno, il mio titolo me lo legittimavo da me. Avevo vinto.
E invece, scendendo dal cubo, l'amara sorpresa: frugai nella tasca dei pantaloncini in cerca del mio cellulare, ma non lo trovai più. Evidentemente ero così preso dai saltelli e dall'ostentare il mio titolo di nuovo re del cubo su Matteo e Marco, che non mi ero reso conto di aver fatto cadere il mio prezioso apparecchio.
Quella sera, in estremo ritardo, tornai a casa deluso e amareggiato: sarò stato anche vincente sul cubo, ma niente mi avrebbe ridato un cellulare e la possibilità che mi ero bruciato con chi, forse, mi sarebbe potuto piacere e meno di un mese fa avevo cancellato senza un'apparente spiegazione.
Realizzai così di aver imparato qualcosa da tutta questa faccenda: ero la regina degli stupidi, the queen. Ed ora, passatemi scettro e corona.

venerdì 3 settembre 2010

Let's work!

A 2 giorni dal mio debutto nello spietato mondo lavorativo, ricevetti una telefonata dal mio futuro capo.
Mi chiedeva, molto cortesemente, se mi andava di sostituire un ragazzo per due settimane lavorando full-time anzichè l'accordato part-time il giovedì e la domenica. Deciso a fare una bella figura e a guadagnare denaro in vista di un esame accademico ostile, accettai e il giorno seguente, alla bellezza delle 8, uscivo di casa con alle spalle una notte pressochè insonne.
Mercoledì 1 settembre Aspirante Carrie Bradshaw è diventato commesso. Lo svezzamento avvenne in 4 fasi: accogliere il cosiddetto "carico" e disporlo in negozio (giorno 1), servire un cliente (giorno 2), passare il mocio con conseguente vescica sulla mano (sempre giorno 2), spostare la merce per lasciar spazio al nuovo carico (giorno 3).
Superai le prime due giornate di prova. Fino al 16 settembre potevo star tranquillo, il mio titolare mi avrebbe tenuto sotto controllo, nella speranza poi che venissi riconfermato part-time.
Ovviamente non tutto era rose e fiori; dovevo fare i conti con scarpe orribili, colleghi freddi, sporcizia, mal di gambe, clienti disordinati, capi esigenti ma anche a tanta, tanta, tanta noia.
In già 3 giorni, eccetto quando avevo tra le mani qualcosa da fare, avevo sperimentato sulla mia pelle quanta noia bastasse a rendere un commesso profondamente stressato. Non mi rimaneva che aspettare il ritorno di Sam (il lunedì), la fine del mio contratto (il 16 settembre) e la stipula di uno nuovo part-time (incrociamo le dita).
Intanto mancavano 11 giorni alla libertà; va bene voler arricchirsi, ma anche la pigrizia vuole la sua parte: quando si ha un esame in vista, risanare la carta di credito passa in secondo piano.

giovedì 2 settembre 2010

Corna, cocktail e pixel



Dopo un sabato sera trascorso in casa e con gli amici impegnati, Aspirante Carrie Bradshaw era pronto per la rivalsa.

Domenica sera riapriva il Borgo, e siccome era l'ultima domenica libera prima del mio debutto da commesso decisi di accettare l'invito di Xander e della nostra amica lesbica Vanish di rituffarsi nella movida milanese che prima tanto mi era familiare.
L'allegro trio si mise così in viaggio, speranzoso di divertimento e di riscoprire i vecchi tempi, e cioè i periodi in cui, ancora giovani ed innocenti, trascorrevamo ogni serata con bicchieri di alcool, amici gay, amiche lesbiche e risate.
Arrivai a destinazione già abbastanza euforico: a casa, con l'intenzione di risparmiare denaro ma non li drink, avevo riempito una coppa di Cosmopolitan con Vodka russa e sciroppo alla menta; gli effetti furono più che positivi. Mi sentivo bene e ridevo a caso. Ero sulla giusta strada per rendere memorabile la mia nottata.
Ritrovammo alcune amiche di Vanish, qualcuna nuova, qualcuna che non rivedevo da tempo, qualcuna interessante, ma ciò che invece mi colpì fu l'arrivo di alcuni loro amici maschi. Il primo, complice un appuntamento al buio e all'oscuro della relazione di Xander con il suo attuale ragazzo Joe, fu ben disposto a conoscere il mio amico. Tempo un'ora di conversazione e trovai Xander avvinghiato al tipo. Fortuna che amava il suo compagno: eravamo a quota 2 paia di corna.
Ma un altro amico si aggiunse all'entusiasta combriccola. Si chiamava Alessandro, era tra i miei amici di Facebook, era carino ed aveva già catturato la mia attenzione. Purtroppo però oltre all'allegria anche il numero di drink lievitava a vista d'occhio, e il mio autocontrollo iniziò a risentirne. Non capivo più nulla. Il peggio venne però quando incappai in Querceto e Tom, i miei due amici che non vedevo da mesi. Fuggì all'istante. Chi se ne importava di chiarimenti in sospeso, di messaggi senza risposta o di vecchie cotte, quando nemmeno avevo la forza di fare un ragionamento di senso compiuto?
Ma poco dopo Querceto mi scrisse. Voleva che ci vedessimo per chiarire, ed io, che in fondo ero curioso di sapere cosa avesse di importante da dirmi, lo raggiunsi. Cercai di spiegargli che ero stato costretto a troncare il tutto, costretto ufficialmente da un sospetto di egocentrismo, ufficiosamente dalla gelosia. E sebbene non potevo rispondere del mio controllo, capì che non potevo comunque dirgli tutta la verità, e decisi di tacere.
Poco più tardi pensai di raggiungere Xander e Vanish per vedere cosa stavano combinando e per buttare un occhio ad Alessandro. Beccai entrambi i miei amici presi dalle loro questioni: chi a baciare, chi a conoscere nuove ragazze un pò troppo allucinate. E poi beccai Alessandro che ballava con al collo una collana con un Pixel giallo fluorescente che continuava ad essere agitata davanti a me accompagnata dalle parole "Saluta Aspirante Carrie Bradshaw, Pixel. Saluta". 
Quando si ha alcool in circolo tutto è concesso, ma mai avrei pensato che si potesse arrivare a tanto. Specialmente se a fare tutto è un tipo carino che ti garba da mesi. Non bastavano amici con cui non si voleva parlare, ora si trattava anche di Pixel che volevano salutarti. 
Tornai da Querceto, continuai a bere cocktail e gli effetti erano sempre più devastanti: sbalzi di umore, chiarimenti a mezz'aria, scuse accennate, dispiaceri, l'imbarazzo sul domani... 
Lì, abbracciato a Querceto, mi resi conto di essere allo sbaraglio: non avevo la più pallida idea su quale direzione la mia vita stesse prendendo o nemmeno di come stessi. Ero felice? Triste? Come dovevo comportarmi con Querceto? Avevo davvero torto? E ancora: sarei mai riuscito a conoscere meglio Alessandro? Prima di trovare la risposta a tutte queste domande la musica si spense.
Io ero piegato. Sulla via del ritorno ci fermammo in Autogrill con Alessandro e amiche di Vanish. Continuai il mio spettacolino completamente fuori controllo. Ero vicino a vomitare, ma poi il sonno prese il sopravvento.
La mattina dopo mi resi conto di aver esagerato. Non sarebbero state corna, Pixel nè tantomeno tutti i cocktail che avevo bevuto ad illuminarmi sul mio futuro, o su cosa stavo combinando con Querceto, la risposta avrei dovuto cercarla da me.
Unica certezza: mai più riuscirò a guardare un Pixel con gli occhi di prima. 

mercoledì 1 settembre 2010

Orrore dal Web

Sul web e, prima ancora, in Tv, circola questo video:




Non è un incubo, è realtà, purtroppo.
Gli autori di questo programma hanno pensato bene di sfruttare l'immagine patinata di Carrie Bradshaw e costruire 10 minuti di spregevole spettacolo vestendo una discutibile indossatrice con stracci improbabili che nemmeno un'ubriacona porterebbe. E' forse questo, mi chiedo, il modo di trattare la mia beniamina? Risposta: decisamente no.

Dovrò trovare il modo di boicottare questa insulsa trovata, ma nel frattempo mi limiterò a farlo con voi, esigui lettori del mio blog. Se volete seguire le orme di Carrie Bradshaw, o anche solo del buon gusto, state alla larga da tutto quanto viene citato dai due tipi. Circa i due ceffi mi limiterò ad un solo sintetico commento: un pò di voglia di vivere no, eh?