mercoledì 14 dicembre 2011

100% eterosessuale

Quando una persona gaia come me arriva a convertire due etero curiosi in una sola giornata arriva il momento di porsi delle domande.
Dimentichiamo i generi sessuali, a Milano tutto si mischia. Niente più confini netti, limiti da superare o scopate da non fare, tutti si scopano tutti. Che tu sia gaio o meno, è sufficiente una parrucca in testa e diventi automaticamente donna; e lì sì che inizia il divertimento.
Giovedì pomeriggio. Immacolata. Aspirante Carrie Bradshaw è leggermente accaldato e ha bisogno di qualcuno che lo raffreddi. Alle 20 un ragazzo ventenne senza cellulare mi fischia dalla strada per annunciarmi il suo arrivo. E' il secondo ragazzo più piccolo di me che mi scopa. Che stia prendendo spunto da Demi Moore?
Non posso non notare la somiglianza con il tipo che due settimane prima, dopo la Vogue Experience, aveva voluto testare nuove sponde. Capelli rasati, tatuaggi sul corpo, scarpe da ginnastica, bomber, canna in tasca, fisico curato, atteggiamento di chi crede di saper già tutto dalla vita... si tratta dei nuovi ventenni? Dovremmo tutti esserne felici, in un mondo in cui i trentenni tendono a nascondersi all'interno del mondo virtuale ancora incapaci di ammettere a loro stessi che sperimentare a letto non è peccato, i giovani d'oggi sembrano molto più aperti al cambiamento. Ma la cosa più interessante è che in entrambi i casi si trattava di soggetti completamente insospettabili, i classici tizi fidanzati che cercano di dissociarsi dalla massa.
Concludiamo il tutto e lui se ne va, un autentico colpo di fulmine.

Poco più tardi un altro ragazzo mio coetaneo, calciatore, fidanzato e decisamente carino mi chiama dicendomi che "si trova in zona". Che tradotto significa: puoi farmi un pompino? Inizio a maledirmi per la vita che faccio: possibile che debba mettere da parte quello che sto facendo per una scopata? Non faccio in tempo a rispondermi che lui è sotto casa, leggermente più basso per le mie aspettative ma comunque attraente. Anche a lui devo regalare un'esperienza indimenticabile. Scopro a malincuore che i calciatori professionisti non sono sempre dotati ma che fortunatamente hanno il petto villoso come piace a me. Non ti avvisano quando stanno per venire (ingoio a tradimento), hanno tatuaggi ovunque, fumano canne nonostante i controlli. Vi ricorda qualcosa?
Inizio a chiedermi per quale motivo io, eterno attratto dal partner più grande o, alla peggio, coetaneo, abbia decisamente cambiato idea. Che i ventenni sono come i Cosmopolitan? Ovvero: una volta provati non se ne può più fare a meno? Poi, di colpo capisco che questa non è altro che la rivincita, il sogno adolescenziale irrealizzato. Come tutte le ragazze aspirano ad essere reginette dei balli studenteschi ai tempi del liceo, anche noi gai aspiriamo alla nostra conversione del bullo della scuola, l'etero insospettabile che ti scopa negli spogliatoi. Probabilmente queste tre scopate erano l'incoronamento che aspettavo.

Tre poco più che ventenni, accumunati dalla passione per le donne, la droga, la palestra, i tatuaggi e la voglia di sperimentare senza per questo sentirsi omosessuali. Probabilmente i trentenni hanno qualcosa da imparare da questa nuova generazione, e in futuro potremo dire addio alle definizioni etero, gay, trans, trav. Tutti avranno un pò di tutto. In pari percentuali. Io però, ancora molto tradizionale e fiscale nella scelta dei ruoli, esigo un 100% etero. Utopia? Per oggi sì, domani si vedrà.

lunedì 5 dicembre 2011

Etichette


Un anno fa Aspirante Carrie Bradshaw riceveva questo messaggio in posta:

domandina semplice semplice:D
;)
...ma quanto sei bbbono??? sempre più! 


Oggi:



ACB (ndr), l'ha scritto il mio boyfriend quell'articolo a cui hai messo "mi piace" :-)
Metti mi piace sul sito di Vogue? :-)
Besos



D'accordo, qui si è davvero toccato il fondo.
Il tizio che ha scritto questo messaggio è un tizio più che trentenne che da più di un anno mi faceva il filo. Io, per questioni anagrafiche oltre che estetiche, l'ho sempre rifiutato. Oggi, di fronte ad una grinta che solo ora sembra iniziare a far capolino nel mio mood milanese mi ritrovo a leggere l'ennesimo affronto.
Il tuo boyfriend? Un articolo? Vogue.it? E soprattutto: io dovrei mettere mi piace alla concorrenza? Evidentemente il suddetto mittente non mi conosce a sufficienza.

L'ennesima storia gaia nata all'improvviso e sbocciata a velocità supersonica (roba che Beautiful fa un baffo a tutte le fantomatiche relazioni omosessuali di oggi) da un tizio che ha scoperto la propria omosessualità solo a trent'anni. L'ennesimo passivo gaio che pubblica l'ennesimo articolo sulla coppola per Franca Sozzani che, come da lei esplicitamente spiattellatomi in faccia, da un sacco di opportunità a chi vuole scrivere attraverso il sito internet. L'ennesima richiesta assurda.
Così come è assurdo Luca, il mio compagno di corso figo che ammette durante un aperitivo alcoolico la propria bisessualità. Così come è assurdo Marco, che mi scrive di pensarmi da due giorni. I luoghi comuni si sprecano.

Pensare di avere una relazione oggi e di riuscire comunque a mantenere l'immagine che si ha di se stessi è praticamente impossibile. Si è categoricamente costretti a scendere a compromessi. C'è chi non potendo ricevere pompini da una ragazza troppo casta viene a farseli fare da me prima del mio party di Laurea, chi invece è costretto a rivalutare fisicamente qualcuno semplicemente perchè lo si inizia a vedere "con occhi diversi" dopo (guarda caso) qualche avance da parte del suddetto tizio. La verità è che oggi siamo sempre spinti a generalizzare. Vogliamo capire se qualcuno è fidanzato o meno, se qualcuno è bello o meno, se qualcun'altro è etero o gay. Come se, dopo tutto quello che sto vedendo da mesi, ci fosse ancora qualcosa che fa la differenza. Si pensi all'esperienza di Luca. Io e il mio gruppo di compagne pettegole eravamo completamente acciecate dal dubbio e dalla curiosità sui gusti sessuali del nostro compagno più carino che ormai avevamo concentrato l'attenzione solo su questo e non sul fatto che lui, in realtà, spera di costruire anche altro con noi. 
In realtà qualcosa però che fa la differenza c'è. Dopo un'intensa serata borgara che è tornata dopo più di due mesi di astinenza di locali gai, non posso fare a meno di chiedermi a quale etichetta io stesso appartenga. Che centro io, sconosciuto ai più della comunità, in questo bordello dove l'unico obiettivo che guida la serata è il sesso? Aggirandomi per le sale del Borgo sono incappato in scene angoscianti: ragazzi mano nella mano innamorati come non mai(o per lo meno, fino al prossimo drink), gente con il fondoschiena all'aria pronta a mostrarsi pur di apparire, vecchie galline di quarant'anni che guardano i giovani con disprezzo... la fine del mondo è vicina.
Poi però, tornando a casa con Vanish, Xander, Chicca e Clementia in macchina, ho capito che forse non sono un frocio famoso e ricercato, ma che nonostante gli anni ho ancora degli amici che affrontano chilometri per festeggiare la mia Laurea. E in un mondo di etichette, questo non è poco.

martedì 29 novembre 2011

Il Fattore C

La mia compagna Marialaura, in cerca di una valida alternativa ad una grigia domenica pomeriggio in casa, ha pensato bene di coinvolgermi in uno degli innumerevoli eventi che animano il popolo fashionista milanese.
Poichè a lei piace buttarsi a capofitto in qualsiasi esperienza riguardi la moda, è stata in grado attraverso il sito di Vogue.it di iscriversi con il sottoscritto alla Vogue Experience, una mostra di covers in onore ai 5 anni di direzione de L'Uomo Vogue da parte di Franca Sozzani. Mancare sarebbe stato un delitto.

Aggregatasi anche la mia compagna Natascia, ci rechiamo in ritardo all'appuntamento al Sotheby dove ci accolgono modelli in smocking e cordiali modelle pronte alla fatidica domanda "Siete in lista?". Porgiamo educatamente i nostri inviti, ottenuti dopo secondi di angosce quando, durante una lezione in UniCatt, Marialaura ha scoperto dal suo Iphone che erano disponibili. Superiamo l'ingresso e ci ritroviamo in una sala rotonda alle cui pareti c'era la storia del mensile di moda italiano più elitario del momento (e sul quale poche settimane prima avevo scritto una tesi): L'Uomo Vogue. Analizziamo ciascuna fotografia noncuranti della fotografa che ci immortala diverse volte, scrutiamo gli altri personaggi stilosi che si aggirano per lo spazio finchè l'occhio non mi cade là. Eccola là, in mezzo alla decina di persone spunta lei, Franca Sozzani, vera autorità in fatto di moda nonchè direttrice di Vogue Italia oltre che de L'Uomo Vogue. "Niente panico" mi ripeto, "questa è l'occasione che aspettavamo. Dobbiamo andare a parlare con Franca!". Ci facciamo strada tra le poche persone e aspettiamo educatamente che l'ennesimo fashion blogger si complimenti con lei e le chiede delucidazioni e consigli sul suo futuro da stylist, poi si gira verso di noi. Prego che non si renda conto che il mio chiodo in finta pelle salta fuori dal magazzino di Bershka e che probabilmente per lei sarei out, finchè Marialaura si fa avanti. "Mi rendo conto che in molti oggi gliel'avranno già detto ma noi siamo suoi ammiratori" "Avanti", mi dico io, "Aspirante Carrie Bradshaw, questo è il momento di dirle che tu hai scritto una tesi di antropologia su Vogue, coraggio, è la tua chance di fare bella figura, se vuoi diventare effettivamente Carrie Bradshaw". Decido allora di farmi coraggio e di prendere parte alla conversazione "Ci chiedavamo, visto che vogliamo diventare giornalisti del settore, se avesse qualche consiglio da darci al riguardo" dico timidamente, anche se dentro di me potrei morire. Inizia una lunga tiritera al termine della quale io e la mia compagna usciamo sconfitti: Vogue offre un sacco di modi per poter scrivere e collaborare con la rivista, si tratta solo di darsi da fare e tentare; perchè noi due non ne eravamo a conoscenza? Anzi, IO non ne ero a conoscenza, visto che Marialaura sembra essere già a conoscenza di alcune iniziative. Che amarezza, nemmeno riesco a seguire ciò che mi piace, devo darmi una regolata. Non può però finire così e decido di parlare con una giornalista che si aggira per la stanza in cerca di consigli. Dopo venti lunghi minuti Marialaura riesce a strappare il numero di telefono di un giornalista, io solo l'informazione che a gennaio aprirà un bando per stagisti in redazione al quale ogni anno centinaia e centinaia di Aspiranti Carrie Bradshaw tentano di prendere parte. Voglio morire. "Serve il fattore C" dice la giornalista "quello serve sempre ovviamente".
Fortunatamente mi squilla il telefono. Un tizio ventenne è sotto casa mia e vuole fare sesso. "Sono a 5 minuti a piedi da casa", mi dico, "prendo il book con le cover autografato dalla Sozzani, saluto tutte e scappo". Fanculo il fattore C, ora è il momento del fattore Sex. Usciamo così dalla mostra seguiti dal mio morale a pezzi e da un Fattore C che tarda a farsi vivo. Sarei mai riuscito a diventare un buon giornalista? Oppure sarei diventato uno dei tanti che si sarebbero scontrati con l'insuccesso perchè incapaci a trovare il loro Fattore C? Non è il momento di rispondere alle domande, un tipo di vent'anni mi aspetta. Saluto velocemente Natascia e Marialaura e sfreccio sotto casa mia; il ragazzino compare in tutta la sua eterosessualità: rasato, in scarpe da ginnastica griffate, sigaretta in bocca. Salgo in macchina e facciamo sesso. E' la mia prima volta con qualcuno più piccolo di me, ma in fondo dopo aver visto Franca Sozzani tutto è possibile, mi dico.
Alla fine però ecco la sorpresa: "Ti va di fumare una canna con me?" "Oddio dico, io non ho erba" Tranquillo, faccio io, io ne fumo almeno 5 al giorno" e tira fuori il suo pacchetto di erba. Eccolo lì,il fattore C, questa volta con C come canna. Mi sentivo come se stessi al liceo: sesso in macchina e canna post sesso. Divino.
Mi lascia sotto casa e faccio giusto in tempo a notare che dedicandomi a lui sono stato costretto a saltare il mio aperitivo con Rosa. Questo è Milano.
Alla fine della giornata, rientrando in casa, mi rendo conto che avrei avuto percorrere ancora molta strada. Di certo c'era solo una cosa: avevo bisogno del mio fattore C.

giovedì 24 novembre 2011

Centoquattro

Centoquattro da ieri sarà qualcosa di più di un semplice numero.
Centoquattro da ieri sarà il numero che quantifica il lavoro di tre anni in UniBi. Centoquattro è ciò che ieri ha mobilitato, in un'atmosfera festosa, i miei Autorevoli Genitori, mia nonna e i miei Comprensivi Zii a Milano, armati di doni e biglietti d'auguri, Lou* e Clementia facendoli arrivare in UniBi per festeggiarmi. Centoquattro ha avuto il potere di farci trovare lì, in mezzo alla folla di parenti urlanti e corone di alloro, ad abbracciarci e baciarci come non succedeva da tempo. Centoquattro è il motivo per cui ieri ho pianto all'inizio di ogni conversazione, così come ho pianto quando ho consegnato la mia Tesi ad una delle mie zie, quando mia nonna si è presentata a sorpresa in UniBi nonostante il nonno malato a casa, e anche quando ho visto Clementia venirmi incontro in Aula Magna, consapevole del fatto che quella sarebbe stata l'ultima volta che avremmo trascorso in UniBi in qualità di studenti. Specialmente alla luce delle giornate che assieme avevamo condiviso tra un appunto e l'altro.
Sicuramente però, le lacrime che ho versato ieri sono più di centoquattro. Mi sono commosso quando ho rivisto tutte le mie compagne venute a salutarmi, quando mia nonna mi accompagnava fiera per i corridoi dell'UniBi senza ben sapere in cosa mi sarei laureato, e anche quando mi sono ritrovato a percorrere con la mente i 19 esami ed i 3 anni di lezioni con le facce di molte delle vite che avevo incrociato.
Centoquattro è meno dei ricordi che mi conservo di questa esperienza. Così come è meno delle persone che ho conosciuto in questa triennale. Ma è sicuramente molto più delle volte che indosserò la camicia e la cravatta che ho acquistato per l'occasione.
Io in genere non sono per queste cose smielate. Ho sempre detto e ribadito (nonchè supplicato le mie amiche) che la proclamazione sarebbe stata una pura formalità, una semplice stretta di mano e fuga che tutti vivevano in maniera troppo assillante presi da non so quale sentimento. Una vera perdita di tempo che non faceva altro che ostacolare il rispetto delle mie scadenze in UniCatt. Invece, respirando quell'aria e vedendo come un semplice rito coinvolga così tante persone in modo spontaneo, mi sono reso conto di quanto mi sbagliassi. E di quanto, in fondo, provare l'emozione di commuoversi per aver portato a termine qualcosa che nemmeno contavi di finire sia appagante. Non è sicuramente un centodieci con tanto di lode, ma di certo questo centoquattro mi ha consentito di rivivere quel senso di soddisfazione e di calore che da tempo non sentivo (un pò come quando mi è capitato di vedere il video qui sotto). Oltre ad avermi fatto incontrare Clementia.
Grazie centoquattro.


PS: probabilmente questo video sarà già stato visto e rivisto sino alla nausea, ma l'immagine di tante persone sconosciute, che si adoperano per creare qualcosa in maniera disinteressata, con il sorriso sulle labbra, facendo qualcosa di stupido, è un vero inno alla vita.

mercoledì 16 novembre 2011

Trovare l'ispirazione

Ok, ho perso l'ispirazione.
Da giorni continuo a ripetermi questo come un mantra sperando che qualcuno tra i miei amici, conoscenti o miti (Carrie Bradshaw compresa) mi diano una risposta. Stare qui non è sempre facile. Specialmente se in una università dove la concorrenza è forte e dove tutto è ricondotto al confronto.
Ti ritrovi a condividere gli appunti con una ventitreenne già giornalista pubblicista nonchè autrice de Le Iene, esci a bere vino con un ragazzo che l'indomani ha una rassegna stampa, fai un progetto di gruppo con una pugliese che ha contatti ovunque e che è in grado di far sì che la RedBull ti fornisca dj set, divani e drink (il tutto gratis) per l'evento che vuoi organizzare. Questo è il nuovo contesto in cui devo muovermi tutti i giorni.
Non posso quindi fare a meno di chiedermi: che avevo in testa io quando ingenuo e intraprendente avevo pensato di coinquistare, per lo meno lavorativamente, Milano?
Non lo so, continuo a rispodermi.
Ed il peggio è che da ormai una settimana la risposta è sempre quella. Sento di aver perso l'ispirazione. Sono troppo impegnato in aperitivi, serate, lezioni e sesso che non riesco a trovare il mio posto, la mia prerogativa, ciò che mi contraddistingue. Ho perso la grinta. Quella motivazione che mi dovrebbe portare a scrivere subito al contatto che la relatrice, che ti ha appena scritto una mail complimentandosi per la tua tesi brillante, ti ha fornito in RadioRai. O ancora, trovare l'idea ingegnosa per la campagna pubblicitaria da realizzare e che potrebbe, se migliore rispetto a quella dei compagni, essere presentata alla Mondadori.
Eppure no, tu lasci stare, perchè quella sera devi trovare il prossimo locale in cui uscire o il prossimo etero da convertire o il prossimo capo da acquistare.
Pensavo che tutto sarebbe stato sotto controllo, invece mi rendo conto che la tentazione è alta.
Mi serve il coraggio di osare, quella spavalderia che tanto mi ha portato a raggiugere i traguardi che mi ero prefissato. Carrie, Becky e Holly stanno facendo del loro meglio per motivarmi, ma ora l'unica cosa che sono motivato a fare è decidere a che ora presentarmi all'H&M per il lancio della nuova collaborazione con Versace.

giovedì 10 novembre 2011

Supplente

Alcune domande danno inizio ad una serie di  meccanismi imprevedibili.
"Quanti te ne sei scopati dall'ultima volta che ci siamo visti?". Sono sdraiato sul divano dell'ufficio di Marco, siamo ancora vestiti, e il suo televisore al plasma sta trasmettendo Shrek. "Evitiamo queste domande" rispondo io, vagamente. Il problema è che non capisco mai quando fa sul serio; per quale motivo vuole saperlo? "E dai dimmelo" il suo viso è a due centimetri dal mio, non resisto. "Tre o quattro" rispondo diminuendo l'effettivo numero degli attivi etero curiosi/bisex che mi hanno scopato nelle ultime due settimane.
"Come mai lo chiedi?" "Così" "E tu invece?" chiedo dopo un'altra serie di baci. "A questo punto voglio saperlo anche io" "Tre, senza contare il mio trombamico". "Ah bene" rispondo io. In realtà non fa affatto bene. Tempo fa mi aveva detto che non si vedeva molto con il suo Trombamico e che la sua attività sessuale era diminuita. Che stava succedendo? "Sì" continua lui "voleva che ci vedessimo anche stasera ma ho inventato che mi dovevo vedere con uno dei miei amici etero, lui non sa che mi vedo con te. Vuole essere l'unico maschio, se sa che scopo un altro ragazzo se la prenderebbe".
Boom.
Fingo indifferenza e continuo a baciarlo, ma in realtà dentro di me crollano un mucchio di convinzioni. Che diavolo è questa storia? Non sono fidanzati, cosa interessa a quel tizio se Marco si scopa un altro ragazzo? Improvvisamente iniziai a crollare nell'incertezza. Che ci facevo lì? Ero ben a conoscenza che chi mi scopava mi teneva nascosto, ma essere arrivati al punto in cui un bisessuale nasconde all'altro bisessuale che si scopa un ragazzo gay senza che fosse il suo fidanzato mi sembrava il colmo. Mi sembrò di tornare all'epoca del Caribiniere e Natasha. Solo che questa volta il trombamico non aveva nè nome nè volto e anzichè cene con vista lago avevo nottate con vista montagne.
Trascorremmo la serata continuando a viverci il nostro rapporto, mentre in me iniziano a nascere tutta una serie di domande. "Perchè continuiamo a vederci?" chiedo "Perchè ti piaccio" mi risponde lui "Tutto qui?" "Bè se tu non mi piacevi non ci continueremmo a vedere, non credi cucciolo?". Mi sembrano lontani anni luce i momenti in cui mi baciava nel parcheggio, mi mostrava quello che faceva e mi raccontava dei suoi amici, ma quello che in questo momento conta è che siamo abbracciati sul divano, ci stiamo guardando Zeta la Formica e discutiamo del fatto che entrambi vogliamo comandare.
Alle 3 torno a casa, sono felice, ma il mio cervello non smette di fare domande. Davvero Marco si vedeva ancora con altra gente?

Giovedì sera. Dimentico di rimanere invisibile per Marco su Messenger. Mi scrive. Un saluto, i soliti convenevoli, poi tiro fuori il discorso "Devo stare attento a non fare rimanere male il tuo trombamico" scrivo io, sperando che lui capisca che no, non ci sono rimasto male perchè lui si vede con altri, ma perchè per l'ennesima volta sono stato tenuto nascosto a qualcuno. Come se fossi qualcosa di cui vergognarsi. Faccio davvero così pena? "Sei geloso?" mi chiede. Ok, non ha capito un cazzo. "Per niente, sapevo che ti vedevi ancora con lui (bugia!)" "Sì in effetti questa settimana ci siamo avvicinati molto".
Boom.
Rimango di sasso. "Sono molto felice" mento. "Grazie, sei una bella persona, solo che comandi troppo". Non capisco a che gioco sta giocando. "Io sono un supplente. Colmo le mancanze temporaneamente, in attesa che qualcuno le colmi" "Ho capito". Improvvisamente iniziai a vergognarmi di me. Potevo scegliere: o continuavo a vivere nell'ombra oppure gli scrivevo che non dovevamo più vederci. "Ho una proposta" dico "siccome è meglio che anzichè scopare o stare su Msn a rimorchiare tu ti impegni nel tuo lavoro credo sia meglio se non ci vedessimo più così spesso" "Ah, ho capito".
Avrei sperato che mi dicesse no. Di restare. Proprio come aveva fatto sabato, quando gli avevo detto le stesse cose guardandolo negli occhi, ma stavolta niente, tutto taceva.
"Spero di averti lasciato qualcosa di buono rispetto alla massa di gente mediocre che ti scopi" aggiungo sperando che mi dica qualcosa "Uff" risponde lui "ora vado a dormire. Ciao Aspirante Carrie Bradshaw!". E si disconnette. Rimango di sasso. Inizio a  piangere come non facevo da tempo. Avevo fatto la cosa migliore? Che ne era dei suggerimenti di Marion di viversela come una cosa in più? Voglio parlargli.
Gli scrivo un sms dicendogli che non è il caso di andarsene così. Non ricevo risposta.
Inizio a piangere. Per la prima volta negli ultimi mesi mi ritrovo senza Alby e Marion, le due persone che mi avevano sempre protetto le spalle consigliandomi cosa fosse meglio fare con i ragazzi che entravano nella mia vita. Ma ora sono solo, spaesato, e per la prima volta non ho i miei punti di riferimento.
Piango in doccia. E sto piangendo tuttora, nonostante siano ormai passate più di 2 ore. Sono confuso. Ma quel che è peggio è che non so spiegarmi il motivo di questa reazione.
La teoria dei supplenti, che per tutto questo tempo mi ha guidato nel mio rapporto con Marco, sembra abbia fatto cilecca.


venerdì 4 novembre 2011

Scandalo al Gattopardo

Ci sono volte nella vita in cui occorre essere irremovibili.
Non devo andare al Gattopardo, mi ripeto. Non devo andare al Gattopardo, ubriacarmi gratis, conoscere il fidanzato della mia compagna di corso, tornare a casa con sconosciuti. No, ho un parziale mercoledì. Devo desistere dalla tentazione. Assolutamente.
Suona il telefono mentre sono seduto in cucina sui miei libri di Economia Aziendale. E' Ilaria. "Aspirante Carrie Bradshaw (ndr), saremo al Gattopardo per le 23. Ci vediamo là, vero? Guarda che ci conto. Ti aspetto con ansia!". "Sì, ovvio. Mi faccio una doccia e sono lì". Oddio. Non avrei forse dovuto dire di no? Che rifiutavo e che dovevo studiare per un parziale importante? Non importa, mi dico, andrò al Gattopardo ma berrò il meno possibile in modo da tornare presto ed essere pimpante domattina.

Arrivo al Gattopardo, avvolto nel mio trench e maledicendo il fatto di non aver preso un taxi anzichè affidarmi alla metropolitana, e la fila si sta già formando. Ilaria è fuori che mi aspetta con un drink in mano offertole dal suo barista di fiducia con cui i rapporti si stanno ormai approfondendo. Non riesco a capire se in fondo, di fronte a tanta negazione, lei ne sia attratta realmente oppure se, come dice lei, è semplice opportunismo. Ma poco importa. Nemmeno il tempo di posare la giacca che lui mi chiede cosa voglio da bere. Oddio, mi dico. Berrò solo un drink. Però siccome è uno solo tanto vale che sia forte, insomma, non posso dire un analcolico, non ci crederebbe nessuno. E soprattutto Ilaria penserebbe che non voglio godermi la serata. "Un margarita alla mela verde" rispondo. E le danze iniziano.
Arriva anche la nostra compagna Marialaura, accompagnata dal suo boyfriend chirurgo tra i più conosciuti a Napoli, e tra una sigaretta e qualche passo di danza, compare il proprietario del Gattopardo. "Andiamo a salutarlo!" mi suggerisce Ilaria. "D'accordo" dico io, in fondo è sempre una buona occasione per farsi un nome. "Cosa volete da bere?" ci dice lui, dopo un breve saluto. "Oddio no davvero, non possiamo approfittarne" diciamo entrambi fingendoci innocentemente disinteressati dai drink gratuiti. "Faccio fare al barista allora" "No" dice Ilaria "allora prenderemo due Margarita alla mela verde". Detto fatto, ci ritroviamo con due calici di Margarita in mano. E' il secondo drink che prendo senza pagare, inizio a sentirmi importante.
Marialaura se ne va. Io e Ilaria non siamo più molto presenti, il suo amico barista ci prepara un altro dei nostri cocktail. Oddio. Devo rimanere in me, mi ripeto. Stavolta infatti, onde evitare nuovi passaggi da sconosciuti ho controllato l'orario dei bus. L'ultimo è alle 4e10. Non posso perderlo, altrimenti rimarrl bloccato in Corso Sempione. Finisco il mio cocktail e mi dirigo verso il bagno barcollando, se mi rinfresco un pò tornerò in me. Entro in bagno. Un ragazzo rasato in fila mi guarda e mi rivolge la parola in inglese "Are you ok?" mi chiede. "Yes, I'm fine" dico fingendomi controllato. Iniziamo a parlare ma non capisco il suo intento. D'accordo, è gay? E soprattutto: che ci fa un ragazzo di 24 anni, carino, in un ambiente in cui l'età media è di 40 anni? Mi spiega che è spagnolo, si chiama David, lavora per una nota banca ed è a Milano per lavoro fino a domani. Trascorrono 5 lunghi minuti in cui metto alla prova il mio inglese ma poi mi rendo conto che Ilaria è fuori da sola e fuggo al luogo in cui l'ho lasciata con la mia pochette. E lui mi segue.
Continuiamo a parlare mentre mi mette sotto il naso un suo drink trasparente, lo bevo. Mai rifiutare un sorso di qualcosa. E bevo.
I nostri volti si sfuorano ed il bacio è inevitabile. Iniziamo a baciarci sotto gli occhi stupiti di Ilaria, che mai avrebbe pensato di vedere un bacio gay al Gattopardo, ma quando ci sono io, in fondo, tutto è possibile. Nemmeno il tempo di pensare a lui a letto con me che il buttafuori arriva e ci intima di fermarci "Qui non si fanno certe cose, se volete qui fuori potete fare quello che volete. Qui no". Rimango di sasso. Siamo in una chiesa sconsacrata dove le trentenni si fingono ventenni, ed io non posso baciare un giovane spagnolo attivo per di più bancario? Nossignore, questo è un vero scandalo.
Mi bisbiglia nell'orecchio che il suo capo, che lo sta fissando con il resto dei suoi colleghi, non l'ha mai visto baciare un ragazzo e che sicuramente domani dovrà dare spiegazioni al gruppo. Ops, sarò considerato responsabile di una conversione.
E' quasi ora di andare e scendo per fumare una sigaretta con David e la sua collega scandalizzata per le reazioni dei buttafuori. Incappiamo in un gruppo di quarantenni; "Ma tesoro tu sei vestito molto bene! Buon gusto" mi dice uno di loro "Oh grazie" rispondo arrossendo. O mio Dio. Nemmeno a Carrie sarebbe successa una cosa del genere. "Noi ce ne stiamo andando al Flick ora, ti va di venire con noi?". Per la seconda volta in meno di mezzora rimango di sasso. E sono pure ubriaco. D'accordo, che è il Flick? "Ehm". Ok, Aspirante Carrie Bradshaw, questa è la tua occasione, non puoi non andare al Flick. D'accordo, non sai cosa sia nè di che si tratti, questi signori non li conosci, ma è un invito che non puoi rifiutare. Però il pullman parte tra 20 minuti. Cazzo. Sapevo di dover prendere il taxi. "Vado a prendere il trench e scendo". Salgo dal barista a recuperare il mio cappotto mentre lui si sta baciando Ilaria, li saluto, e scendo a cercare David. E' tempo per me di andare, ed esco dalla seconda uscita sperando che il gruppo di tizi non mi veda. "You can't go now!" mi dice lui prima di baciarmi in strada. Lì possiamo fare quello che ci pare, finalmente. Passa uno straniero che vende rose. David me ne regala una.
Potrei sprofondare come accadrebbe a qualsiasi romantico, ma sono ubriaco ed il mio pullman passa tra 10 minuti. Lo saluto con un altro bacio, e corro verso Corso Sempione.
Sfreccio sui tacchetti delle mie francesine, con il trench aperto svolazzante, la pochette e la rosa di David in mano. Alle 5 mi butto a letto.
Non mi alzerò pimpante domattina, ma almeno assieme a David avevo creato scandalo al Gattopardo.

sabato 29 ottobre 2011

Doni di natura

La mia coinquilina Eugenia, iscritta al secondo anno del mio stesso corso di Laurea, mi ha suggerito, per il primo semestre, di aggiungere alla lunga lista di esami anche qualche corso sovrannumerario in modo di risparmiare energie per l'anno successivo. Sì perchè pensandoci bene è già dall'inizio che si vede l'impegno di una persona. Ed io anche se avevo una tesi da concludere e parziali che mi piovevano addosso, sentivo di non avere ancora abbastanza impegni.
Cosa seguire?
Faccio scorrere l'intero elenco di materie affini al mio corso di Organizzazione di Eventi finchè non vedo un seminario particolarmente interessante di Scrittura Creativa. Mi fermo come se un'illuminazione mi avesse colpito. Eccolo, quello è il mio corso. Mi ci vedo già, piegato sul mio banco in preda a qualche guizzo d'autore e intento a scrivere i miei pensieri profondi. Benissimo, mi dico, sarà anche una materia riservata al secondo anno, ma è sicuramente il corso che fa per me, se voglio diventare come Carrie Bradshaw.

Il lunedì seguente, saluto così Luca ed Eleonora e mi dirigo verso l'aula in questione. Stanza 353. Un numero polindromo, già mi piace. Spalanco la porta. Un'intera classe piena zeppa di studenti, alcuni dei quali seduti a terra, mi fissa mentre un professore continua a parlare di finanza. Cerco di farmi posto in fondo alla piccola classe chiedendomi il motivo che spingesse il mio professore di Scrittura Creativa a parlare di denaro, aziende eccetera. Mi rivolgo ad una ragazza "Scusa, che corso è questo?" "Economia e Gestione dell'impresa" mi risponde "Ah, ma non è scrittura creativa!" dico scioccato "Eh, evidentemente no". O mio dio. Niente panico, ricontrollo. La lezione di Scrittura è in aula 353. Maledizione! Mi faccio coraggio e ripercorro l'aula interrompendo per la seconda volta la spiegazione. Mi sentivo una matricola sperduta.

Arrivo all'aula della lezione, controllo. Sì, è proprio questa. Apro la porta ed in classe ci sono solo 10 persone che non conosco. Decisamente meglio. Con un'ora di ritardo arriva il professore che è nientepopodimenoche un poeta bolognese che tiene corsi di poesia in giro per l'Italia. Dopo una breve spiegazione, ecco che inizia il seminario: "Ora vorrei sapere da voi perchè vi siete iscritti qui. Perchè avete scelto proprio questo seminario rispetto agli altri". Ehm. Che dico? "E mentre lo dite uno per uno vi alzate in piedi e dite il vostro nome e cognome". Oddio. Vorrei morire. Inizia la secchiona della prima fila: "Io mi sono iscritta a questo corso perchè amo la scrittura. Compongo poesie e voglio esercitarmi in una cosa che mi piace e che finora ho fatto solo a tempo perso". Vorrei dire che io sono qui solo per un errore, che credevo che fosse un corso semplice, che non fa proprio per me questo genere di cose. Intanto le presentazioni continuano: "Io ho scritto un paio di articoli per un quotidiano veneto", "Io lavoro in un'agenzia pubblicitaria", "Io ho lavorato per una redazione e voglio sapere qualcosa di più sulla stesura di copioni". Oddio, dove sono finito?
Arriva il mio turno. Mi alzo. "Io mi sono iscritto qui perchè voglio scrivere. Mi piacerebbe scrivere articoli di costume, ma non ne ho mai avuto modo e credo che seguire questo corso mi farebbe solo bene". Faccio per sedermi, soddisfatto della mia presentazione. Modesta, moderata, niente di eccelso, sono soddisfatto. Il professore chiede "Quindi lei mi sta dicendo che viene perchè peggio di così non può andare". "Bè sì", rispondo. "Ah bene, credo che questo sia il complimento peggiore che qualcuno abbia mai fatto ad un mio corso. Passiamo al prossimo".
Rimango di sasso. Non è certo un buon modo per iniziare.
Al termine del giro ci incarica di descrivere un compagno della classe. Io ovviamente non conosco nessuno. Vorrei alzarmi ed andarmene, ma poi mi rendo conto che nessuno molla così e che se voglio imparare a scrivere questo è quello che devo accettare: ci sarà sempre qualcuno più bravo di te.

Al termine della lezione sono esausto. Per almeno una settimana non voglio più sentire parlare di testi, poesie e simili, intanto rifletto su come riprendermi. Un pò di shopping può fare al caso mio, mi dico. Mezz'ora dopo sono l'H&M di Corso Buenos Aires. Non imparerò a scrivere, ma almeno so riconoscere un blazer carino. In fondo, ognuno ha i suoi doni di natura.

domenica 23 ottobre 2011

Al Gattopardo

Programma della settimana:
Lunedì: cena con Carlotta
Martedì: aperitivo con la classe
Mercoledì: serata ai Magazzini Generali con Rosa
Giovedì: Gattopardo con Ilaria
Venerdì: aperitivo in Colonne con Carlotta

D'accordo. Non è quello che volevo? Una vita impegnata, a Milano, studente in UniCatt e in fase di laurea in UniBi? Sì, in fondo dovrei essere felice. Chi se ne importa se hai una tesi che devi consegnare entro la fine della settimana e non hai ancora ricevuto le correzioni dalla tua relatrice. Il giorno è sempre occupato per via delle lezioni? Niente panico, mi ripeto, qualche momento per scrivere la tesi lo troverò.

Arrivato a giovedì sera, mi ritrovo con Ilaria, la mia compagna di classe napoletana, avvolto nel mio trench e diretto verso il Gattopardo, una chiesa sconsacrata dove a detta di Ilaria c'era tanta bella gente e baristi generosi in quanto a drink. Potevo forse evitare di andarci? No. Voglio dire: si tratta di una chiesa sconsacrata, si tratta di un'amica single da poco e bisognosa di svago. Ma si tratta anche di bere gratis! Mancare sarebbe un vero peccato, paragonabile a quello di Eva che ha addentato la mela offertale dal serpente.
Superiamo la coda che si è formata fuori dalla chiesa ed entriamo nel bello della serata. Si tratta di una clientela in camicia e giacca, imprenditori più o meno giovani che si scatenano sull'altare di un luogo ormai non più sacro per fortuna.
La fortuna di essere in un locale dove la gente giovane scarseggia ti consente di poter spiccare sulla concorrenza e, come se questo non fosse sufficiente per il tuo ego, per ricevere drink gratis dai baristi assetati di gioventù. Al terzo Margarita alla mela (da notare, ne ho pagato solo uno) io ed Ilaria stiamo mettendo in scena il nostro spettacolo blasfemo danzando come due ubriachi. La musica era avvolgente. Assieme avremmo sicuramente conquistato qualche vecchio nei paraggi e saremmo diventate due persone ricche. Una mano mi picchia sulla spalla. Mi giro. Luca, il figo del corso. Che cazzo di fa qui?
"Avevate parlato tanto del posto che non ho potuto farci un salto" ci dice mentre fumo la mia sigaretta. Ubriaco come sono mi ritrovo nella fase in cui qualsiasi tuo gesto può sembrare eloquente e gridargli palesemente "Voglio convertirti" quindi decido di alzare i tacchi e di andare con Ilaria a bere l'ennesimo drink. Veniamo abbordati da due quarantenni che con Iphone in mano ci mostrano la loro barca a vela ormeggiata a Porto Rotondo quando Ilaria vede il proprietario del Gattopardo e si precipita a salutarlo. D'accordo, questa è una conoscenza perfetta per iniziare a farsi un nome. Devo giocare bene le mie carte. 
Vengo presentato e ci viene subito chiesto "Cosa volete da bere?". Oh mio Dio, ero finito nella rosa del potere e non lo sapevo! Mi affretto ad ordinare un Gin Lemon e subito mi avvicino a parlare con un truccatore a suo dire molto famoso. Ovviamente da ubriachi non si è mai pienamente coscienti di quello che si dice nè tantomeno di quello che si sente, ma quando vedi la tua amica Ilaria che si bacia il barista che per tutta settimana aveva detto di schifare, allora capisci che lei non ce la fa più.
Abbandono la conversazione sotto gli occhi divertiti dei vecchi ricconi, compiaciuti di aver ridotto alla confusione l'ennesima ragazza carina dallo stomaco vuoto e mi dirigo verso di lei ondeggiando. E' ufficiale, siamo ufficialmente ubriachi. Il barista ci accompagna a casa di Ilaria. Nemmeno il tempo di sognare il suo letto che mi rendo conto che forse me ne devo tornare a casa a piedi, visto il loro feeling alcolico.
Li lascio alla porta di casa intenti nel loro ennesimo bacio e mi dirigo verso casa. Barcollo e mi sento male, non capisco dove sono. D'accordo, niente panico, mi ripeto, sono ubriaco in una via di Milano che non conosco, so di essere vicino al Cimitero Monumentale, sicuramente Corso Buenos Aires non sarà lontano da qui. Percorro qualche via e finisco in mezzo ai trans che battono sul marciapiede. Ok, ora mi vedo davvero male.
Mi avvicino per chiedere indicazioni: "Scusate ragazze" urlo mentre attraverso la strada saltellando solo come Carrie Bradshaw sui tacchi farebbe "Mi sapreste dire dov'è il centro?". Le tre transessuali sul marciapiede si voltano lanciandomi uno sguardo di stupore finchè una di loro, la più giovane, mi suggerisce di seguire Corso Sempione. Bene, sono in Corso Sempione. Guardiamo il lato positivo, mi dico, almeno so dove sono. Faccio ancora qualche passo quando una macchina mi si affianca ed un uomo riccio sulla trentina, dopo aver abbassato il finestrino, mi offre un passaggio. Ok, posso scegliere: o continuo a barcollare senza meta con la mia maxi borsa di Zara, o accetto il passaggio da questo uomo così altruista. La seconda non sembra male, in fondo fa freddo, ed io non ho propio intenzione di ammalarmi alla mia terza settimana di lezione.
L'uomo altruista si rivela essere il proprietario di una profumeria della zona e dopo aver superato la Stazione Centrale mi ficca la lingua in bocca. Non è esattamente il mio tipo, penso, ma è stato così gentile ad offrirmi il passaggio, che un pò di gioco di mano posso anche concederglielo. Alla bellezza delle 6 e 30 del mattino, alla terza sega, io ero nauseato del suo arnese. Basta, volevo andare a casa.
Ci dirigiamo verso il centro quando lui vuole fare colazione. "Scendi pure tu, io ti aspetto in macchina" gli dico. Ops, sono solo sulla sua macchina in compagnia di tante borse piene di profumi; se gliene mancasse uno non se ne accorgerebbe. In fondo, io gli ho fatto ben 2 seghe, me lo merito. Per non parlare del fatto che gli ho tenuto compagnia. Oh sì, questo boccettino di Ralph Lauren è un regalo giusto. E così dicendo me lo ficco nella mia maxi borsa di Zara.
Il tempo che lui sale in macchina e mi confida di essere fratello di un nonsoquale giocatore della Juventus. Oh mio Dio, troppa gente importante per una sola sera. Mi faccio lasciare alla prima fermata di metropolitana che troviamo e lo saluto sperando che non si renda conto della mia piccola perquisizione nel baule posteriore. Arrivo a casa alle 7 del mattino e mi butto nel letto dopo aver fatto tappa dal fornaio per prendere una brioches fresca.
Sì, devo proprio ammetterlo: io amo Milano.

lunedì 17 ottobre 2011

Sdoppiamento di personalità

Dopo due settimane di lezioni, si può dire che sì, mi sono perfettamente inserito tra i compagni del corso.
Al termine del secondo aperitivo in Colonne, mi sono fatto una discreta conoscenza delle persone e scambiati i rispettivi numeri di cellulari in vista di future serate mondane. Specialmente con la ragazza che non ho considerato per tutto l'aperitivo, ma che al termine mi ha confidato di conoscere il buttafuori del Plastic (leggi: entrata senza selezione nel locale più esclusivo di Milano). Mi è diventata improvvisamente simpatica, tanto da risalire a piedi via Torino in sua compagnia. Ma in fondo la sua aria squisita l'avevo già captata. Oh sì. Potremmo diventare ottimi amici.
A lezione invece ormai il terzetto è il seguente: Eleonora la timida, Luca il figo ed io, il ragazzo tra i più stilosi del corso. E siccome gli stilosi si attirano come i due poli di segno opposto in una calamita, io ero stato talmente fortunato da essere finito nel gruppo di Economia aziendale non solo con Luca, ma anche con un ragazzo bisessuale, Simone, ben inserito nell'ambiente modaiolo. Aveva organizzato sfilate, fatto una sfilata come tappabuchi per un modello che aveva avuto un imprevisto all'ultimo, scritto un articolo non si sa bene se pubblicato o no e soprattutto aveva sul suo Iphone una serie di fotografie con gli stilisti più celebri. D'accordo, lui sì che sarebbe potuto essere un buon amico.
Dopo un aperitivo, un caffè e un paio di giorni a scambiarci sms, mi interrogavo con Eleonora su cosa sarebbe mai scaturito da questa conoscenza; una sfilata da organizzare? Un articolo da scrivere? Probabilmente avrebbe avuto tra le mani grandi Pass per le sfilate ed io ne avrei potuto usufruire. Oh mio Dio! Si vede che era destino.
Non a caso sabato sera Simone mi invita in corso Como per l'ennesimo aperitivo (ebbene sì, ormai non ceno più) in un locale di nientepopodimenoche la sorella di Franca Sozzani. Non appena mi viene proposto di andare accetto, e trascorro un sabato pomeriggio per negozi in cerca di qualcosa da abbinare al mio trench grigio(o in cerca di un trench nuovo).
Sabato sera arrivo all'appuntamento con mezz'ora di ritardo. "Devi farti perdonare" dice lui. Simpatico, sicuramente starà scherzando, insomma, stiamo uscendo in amicizia non è vero? Diciamocelo chiaramente: io sto facendo un'opera buona. Un povero bisessuale appena arrivato da Pesaro avrà certamente bisogno di qualcuno che lo inserisca nell'ambiente gaio. E lui vedrà in me qualcuno che conta. Sì, pensandoci bene probabilmente si riferirà a quello, dovrò portarlo in un posto figo. Per l'aperitivo ci pensa lui a portarmi al Pittbull dove, tra un Cosmopolitan ed uno Spritz, noto come in realtà lui sia profondamente posato: cravatta anche in università, griffato Gucci dalla testa ai piedi, gran conoscitore della storia della moda, visto che ha studiato moda.
Usciamo dal locale e passeggiamo per Corso Como fino a Moscova. "Hai ancora le tue bottiglie di Martini a casa?" mi chiede lui. "Oh sì" rispondo "potremmo venire da me, bere un drink e poi andare all'Elephant che è il bar gay più conosciuto a Milano ed è proprio a pochi passi da casa mia". Bene, stavo facendo la mia opera pia. In questo modo mostrerò a Simone un locale dove potrà conoscere gente nuova ed io mi avvicino ad una zona famigliare. Arriviamo a casa e brindiamo con due coppe di Martini, non mi voglio spogliare, in fondo è si tratta solo di una mezz'oretta, poi ci aspetta l'Elephant. Invece, nel momento in cui mi mostra come si preparano i modelli per una sfilata, mi ficca letteralmente la lingua in bocca.
OH MIO DIO. Sono le uniche parole che mi vengono in mente.
Il mio compagno di corso. Mi ficca la lingua in bocca. Voglio andare all'Elephant. Bacia male.
Mi prende in braccio e mi porta in camera mia. D'accordo Aspirante Carrie Bradshaw, questa non è di certo la piega che volevo dare alla serata. Ora ci fermiamo, mi sistemo, e si va all'Elephant. Simone invece non sembrava pensarla così: imperterrito come chi non fa sesso da tempo mi slaccia la camicia ed inizia a pronunciare bisbigliando con fare minaccioso "Ti voglio scopare" "Ma no dai, non è meglio uscire ora?" "Non vuoi vedere l'intimo che porto? L'ho indossato giusto per te". Ok, ora ho davvero paura. Dov'è il ragazzo composto ed elegante che poco fa al bar mi parlava di Armani? Questo è un fenomeno di sdoppiamento della personalità bellebuono.
Cerco di dirgli che le coinquiline potranno rientrare da un momento all'altro, che potrebbero scoprirci e che è meglio rivestirsi. Ma è troppo tardi, lui vuole venire. In bocca.
Merda. No, Aspirante Carrie Bradshaw, non mi farò venire in bocca dal mio compagno di corso che mi ha tratto in inganno portandomi prima fuori a bere e poi a casa mia. No. Verrà su se stesso.
Tempo un paio di minuti e Simone placa la parte più volgare di sè. Appare chiaro dunque che l'Elephant non s'ha da fare e ci addormentiamo abbracciati. Devo pur calarmi nella parte.
Simone trascorre tutta la notte da me e l'indomani mattina, alla bellezza di mezzogiorno, dopo una nottata per me angosciante, dove ogni minuti sembrava ci si dovesse baciare per forza, mi sollevo.
Mai più uscite con compagni bisessuali. Mai più dirò che ho del Martini nel frigorifero di casa.

sabato 8 ottobre 2011

Secondo giorno in UniCatt

Abituarsi ad essere studente di una delle università più prestigiose di Milano non è cosa facile. Al mio terzo giorno, in compagnia di Eleonora, sto inziando a malapena ad apprendere gli ABC della vita da bravo studente.
Quello che invece non avevo ancora capito era il criterio della scelta di posto da parte di Luca, il ragazzo più figo del corso, immancabilmente solitario e sempre nei miei paraggi. Avevo scoperto il suo nome per caso, un giorno, quando per caso, nel passaggio del foglio delle firme in Antropologia dei Media, il mio occhio era caduto per caso sulla sua firma e avevo capito che oltre a non sapere ancora il suo numero di matricola veniva da Bari ed aveva un anno in più di me.
Quest'oggi Luca è seduto esattamente dietro di me. Che sia un messaggio chiaro di interesse? Gay non lo sembrava per niente, visto il tono di voce con cui mi aveva chiesto un'indicazione il giorno prima, però in fondo qualcosa c'era. Di certo era un chiaro segno di grande stima nei miei confronti. Evidentemente, tra tutti i compagni, io ispiravo più fiducia. Il mio modo di vestire elegante e sobrio, sempre in camicia e francesine, l'avrà certamente spinto a considerarmi una persona puntuale e precisa. Certamente.
Pensandoci bene infatti io sprizzo affidabilità da tutti i pori: sono metodico, ordinato e chiaro. Di certo questo Luca deve avere un gran buon gusto.
"Mi avete consegnato i nominativi con i nomi dei gruppi per il lavoro, vero?" chiede il professore al termine della lezione. Merda. Mi sono perso qualcosa? Eleonora mi spiega che in vista dell'esame dobbiamo dividerci in 11 gruppi di massimo 10 componenti l'uno e trattare un argomento a scelta. Il suo gruppo (creato già alla prima lezione) è completo, ragion per cui dovrò trovarne un altro. Ok, mi dico mentre mi dirigo verso la folla di coloro che stanno compilando il foglio con i gruppi come se si conoscessero da tempo, niente panico. Due ragazze si fanno spostare dal gruppo 10 al gruppo 7, un'altra raggiunge la sua amica al gruppo 5 perchè il 9 era troppo numeroso. Arrivato al mio turno, la responsabile si rivolge a me "Tu dove vuoi andare?" Ok. Non conosco nessuno eccetto Eleonora, ma in fondo cosa vuoi che sia un lavoro di gruppo? Insomma, sarà sicuramente un buon modo per conoscere gente nuova. E poi non si può iniziare a fare gli schizzinosi sin da subito, devi dimostrarti easy, senza problemi, adattabile. Ecco un'altra mia prerogativa da studente cattolico. "Qualunque gruppo va bene" rispondo io in tono deciso. "Sicuro? Quindi il due che è poco numeroso va bene?" Oddio, che mi sia capitato il gruppo di reietti isolati che nessuno vuole avere tra i piedi? Oh mio Dio "Sì dai, basta che ci sia qualche maschio" rispondo io "Sì, ce ne è uno" "Bene". Fatto, risolto il problema del gruppo di Economia Aziendale: non so con chi lavorerò nè cosa farò, ma almeno è una cosa in meno da fare sulla mia lista.
Eleonora se ne è già andata.
Me ne esco dall'aula rimpiangendo la vecchia UniBi e i tempi in cui io e Clementia decidavamo le formazioni di gruppi di Organizzazione Aziendale in base ai compagni con la media più alta.
Scendo le scale e con la coda dell'occhio vedo che Luca è dietro di me. Mi si accosta "Siccome mi hanno appena messo nel gruppo due ed ho visto che anche tu sei stato aggiunto lì, mi sembra giusto presentarsi sin da subito" e mi stringe la mano. Facciamo un pezzo di strada assieme e poi ci salutiamo.
Oddio, avevo appena avuto la prima conversazione con Luca, il più figo del corso. Ho scoperto che è appena arrivato e che non conosce nessuno. Quindi io sono il compagno con cui ha più legato. Quindi io sono il suo "amico" del corso! Quindi domani si siederà a fianco a me ed Eleonora! E magari inizieremo ad uscire assieme e faremo ogni sera aperitivi alle Colonne! Oh mio Dio. Questa università promette bene.
Intanto, devo subito correre all'H&M a comprare una camicia per la lezione di domani: non posso certo sfigurare con il mio nuovo compagno di corso. E non appena ho realizzato questo mi dirigo verso Corso Buenos Aires.

venerdì 7 ottobre 2011

Primo giorno in Unicatt

3 ottobre 2011, ore 13 e 27.
D'accordo, sono in piedi fuori dall'UniCatt, indosso le mie francesine e i miei pantaloni beige preferiti trovati in saldo da Mango e fumo una sigaretta che sicuramente mi farà venire mal di testa per tutte le due ore di lezione di Psicologia. Intorno a me centinaia di studenti universitari cattolici corrono e socializzano come converrebbe per un primo giorno di lezione. Peccato però che il primo giorno di lezione per il mio corso era lunedì scorso, ovvero il giorno stesso del mio esame di cinese. Inizio tardando di una settimana. In fondo, però, riflettendo a pranzo con l'Adorata Cugina di fronte ad un'insalata, arrivare in ritardo ha i suoi vantaggi. Insomma, pensateci bene, tutti già inquadrati, ormai abituati a fare lezione l'uno con l'altro, si vedono arrivare me, con la mia borsa in vera pelle di bufalo, il più giovane del corso e stiloso solo come un organizzatore di eventi/giornalista/addetto stampa potrebbe essere. Insomma, sarebbe di certo un buon modo per incominciare: penseranno che io abbia troppi impegni per iniziare come tutti l'UniCatt in tempo e diventerò subito il Ragazzo Impegnato Del Corso, quello in carriera, che è talmente avanti con gli studi da potersi permettere di saltare la prima settimana di lezione. E tutti mi guarderanno con ammirazione e stima. Oh sì.
Mentre fantastico sul mio arrivo, mi dirigo verso l'aula che l'Adorata Cugina mi aveva indicato. Nemmeno il tempo di entrare e un grosso crocifisso si impone di fronte a me. Tutt'intorno decine e decine di studenti in gruppi continuano a parlare lanciandomi qualche occhiata quando capita.  
Prendo il primo posto che mi capita a tiro, quello nè troppo indietro,per evitare di fare l'asociale, nè troppo avanti, per evitare di fare il secchione. Mi siedo appoggiando la mia fantastica borsa che tutti sicuramente avranno notato nel posto a fianco al mio. Eccomi lì, seduto in UniCatt, una delle università più prestigiose di Milano! Ora non devo fare altro che aspettare che qualcuno si avvicini, qualcuno dotato di buon gusto e di stile, come si addice ad un organizzatore di eventi. Insomma, qualcuno dovrei pur attirare, no?
Mi sento tirare dietro. Oh, finalmente qualcuno che vorrà chiedermi da dove salto fuori, chi sono o complimentarsi con me per le mie nuove francesine. Mi giro. "Scusa" mi chiede una ragazza "hai letto l'articolo che c'era da preparare per oggi?". Ok, non era certo quello che avevo pensato di sentirmi dire. Oddio. Niente panico Aspirante Carrie Bradshaw, niente panico. Sei alla tua prima lezione, il professore capirà che non hai potuto frequentare la settimana scorsa. Sei il giovane della classe, l'impegnato del gruppo, capirà sicuramente. Cerco di fingermi sicuro di me iniziando a parlare con Eleonora, che si rivela essere della Bella Provincia, quando mi illumino: a due posti da me, solo, si è appena seduto un bel ragazzo. Il più bello del corso. Ok, Aspirante Carrie Bradshaw, niente panico. Cerco di fingermi indifferente quando durante la lezione mi passa il foglio delle firme e anche quando durante la pausa ci incrociamo nello stesso momento in cui decidiamo di fare domande a Eleonora. Fingo di capire tutto della lezione, ed annuisco a qualsiasi cosa dice il professore, anche quando accenna all'articolo in inglese assegnato per oggi. Ma fa tutto parte del piano, io ho tutto sotto controllo, ho un figo a distanza ravvicinata.
Alla fine della lezione io ed Eleonora usciamo e lui ci passa davanti.
D'accordo, ho trovato subito un buon motivo per iniziare a frequentare le lezioni in UniCatt.

domenica 2 ottobre 2011

Vita in comunità

Le mie tre coinquiline hanno una caratteristica: sanno rendersi profondamente odiose.
E questo ovviamente non perchè io abbia un'innaturale inclinazione alle lune e passi da momenti di euforia ed espansività ad altri di profondo mutismo. No.
In realtà loro ci mettono molto del loro. O meglio, fanno di tutto per non mettercelo. La mia compagna di stanza, una venticinquenne non ancora consapevole dell'età che ha, crede che vivere a Milano significhi rintanarsi in casa tutto il giorno rimanendo al pc, su Facebook, facendosi gli affari dei suoi amici pugliesi. Giusto per non rimanere indietro con quello che accade in paese. Ha poi un'ammiverole autostima che la porta a credersi migliore di quel che è. Bocciata agli esami perchè a detta sua i professori sono solo spiazzati dalla sua innaturale bravura nel parlare spagnolo, su 3 esami che ha dato in questo mese, ne ha superato solo 1. Insomma, magari anche io avessi l'autostima che ha Federica. Intrattiene con gli altri esseri viventi rapporti quasi inesistenti, parla per lo più con l'altra coinquilina, con il suo ragazzo che non rivedrà (non si capisce bene perchè) fino a Natale (nonostante viva a Napoli per lavoro) e con qualunque pugliese la chiami al cellulare. Perchè sì, il cellulare è diventato ormai parte di lei. Anche quando dorme deve stringerlo tra le mani. Se vibra in piena notte, lei deve immediatamente rispondere scattando fuori dal letto o da qualsiasi luogo si trovi onde evitare che qualcuno possa captare anche solo una parola di quello che dice. Non sia mai! 
Insomma, si tratta davvero di un tipo curioso che di certo va ammirato per la sua pazienza che ogni giorno dimostra nel vivere in una stanza piccolissima con i miei vestiti sparsi ovunque, ma che non brilla di certo per lo spirito festaiolo che andavo cercando.
A parole invece l'altra coinquilina, tale Eugenia, sembrava ormai lanciata verso nuove serate gaie. Avendo in Puglia una discoteca gaia, è profondamente inserita nel circolo gaio delle metropoli. Conosce prima di me i posti più frequentati, viene invitata alle feste che contano, va a salutare le drag queen che movimentano i principali sabati sera omosessuali. Eppure, la mia cara chiave per il mondo sociale non sembra molto propensa a sfruttare questo suo vantaggio, e preferisce starsene a casa, davanti a Real Time, fingendo di lavorare o studiare affinchè i suoi apprensivi genitori la compatiscano e la ammirino ancora di più di quel che fanno. Resta comunque il fatto che non l'ho ancora vista tornare tardi una sera. Un caso?
La sorella di Eugenia, Benedetta, è al primo anno di corso ed è arrivata soltanto da una settimana a Milano. Decisamente più spigliata delle prime due, può vantare di essere una delle 4 ambiasciatrici del Parlamento Europeo. Ha una vita movimentata, parla benissimo inglese grazie al soggiorno durato un anno in USA e soprattutto ha un ragazzo incredibilmente gnocco che bazzica per casa frequentemente. Sebbene non si capisca sempre quello che il succitato tipo dica quando apre bocca, è sufficiente guardarlo per capire che si tratta di un figo d'annata 90 in grado di far girare la testa persino ad uno come me.
Convivere con queste tre ragazze dunque non è sempre facile. Sono cortesi, carine, simpatiche e fanno sempre le pulizie per me, ma se vai cercando qualcuno che ti lasci la casa libera per ospitare qualche nuovo etero da far divertire, allora cambia immediatamente soggetti, queste da casa non si muovono quasi mai.
E pensare che contavo di trovare delle party-girls che mi lanciassero nella movida metropolitana, di questo passo l'unica movida che vedrò sarà quella al di fuori della finestra del mio appartamento. Fortuna c'è l'UniCatt. In un corso gaio come quello che andrò a frequentare nei prossimi giorni, incontrare qualcuno come me sarà di certo più facile che vedere Federica staccarsi dal suo cellulare. O da Facebook.

giovedì 29 settembre 2011

Al varco (parte 2)

Ad inizio luglio, Aspirante Carrie Bradshaw aveva tentato la sua sorte accademica preparando l'esame più temibile in vista dell'ambita Laurea, l'odiato cinese3.
Se cinese1 era volato portando con sè un inaspettato 27 e cinese2 mi aveva fatto sfiorare la bocciatura con un orale che mi aveva fatto guadagnare il primo 20, per cinese3, tentato a luglio con una preparazione di 4 giorni, avrei dovuto sudare parecchio. E questo per svariati motivi: volevo laurearmi a novembre, perfettamente in linea con i tempi accademici, ero da poco entrato in Unicatt nel corso di organizzazione di eventi pagando sull'unghia 1300 euro per mantenere il mio posto (guadagnato dopo una graduatoria stilata in base alla media accademica), mi dilettavo a scrivere una tesi che faceva buchi da tutte le parti (cosa che alla mia relatrice sembrava importare poco) e per tutto questo avevo lasciato il mio lavoro nel Maxi Discount di Scarpe in modo da poter studiare con più calma e qualche spicciolo in meno.
A domenica sera, l'unico inghippo che avevo sulla strada per realizzare i miei piani di gloria era solo cinese3 (ma va?), l'unico in grado di poter mandare a monte quello che stavo facendo da mesi e che mi avrebbe portato, se non superato, a trascorrere un anno in completa nullafacenza, visto che avrei dovuto dire "addio" alla preiscrizione in UniCatt ad ai 1300 già versati. E non rimborsabili.
Con tutte queste promesse e previsioni appese ad un filo (l'esame) si può capire perchè dunque l'abbia affrontato con un nodo alla gola. Venerdì, sabato e domenica, ho vissuto a casa di Clementia, piegato sui libri e con la colazione al Mc Donald's come unico momento di svago.
Vissi con ansia per tre lunghi giorni e mercoledì mattina, trovai la madrelingua cinese con la mia professoressa, in attesa della mia performance finale, quella decisiva, che mi avrebbe finalmente fatto capire se potevo consegnare la tesi, se potevo entrare in UniCatt, se non perdevo 1300 euro, se avrei avuto qualcosa da fare di concreto per l'anno successivo.
La mia figuraccia asiatica terminò alle 13 e 32, con un'ora e mezza di sonno alle spalle e decine di ore di ansie e preoccupazioni con Clementia, quando il mio ultimo esame venne registrato sul libretto. Avevo ufficialmente finito.
Il che significava niente più caratteri inutili, un futuro roseo, una laurea a novembre, un nuovo inizio in UniCatt ma soprattutto che ero stato ripagato di tutti gli sforzi fatti in tutto un anno per poter riuscire a raggiungere i miei obiettivi.
Ce l'avevo fatta. Ora iniziava davvero una nuova carriera da organizzatore di eventi cattolico.

martedì 20 settembre 2011

The gift

Venerdì sera. Da esattamente un mese mi vedevo con Marco. Bisognava festeggiare. E tornare in provincia.
Era bastato così poco tempo per far sì che una persona mi invogliasse a lasciare Milano per un weekend ed immergermi tra la natura provinciale, e Marco ci era riuscito.
Non sapevo spiegarmi cosa ci spingesse l'uno verso l'altro ma, nonostante le persone che io incontravo ed un trombamico da cui non sembrava essere intenzionato staccarsi, alla fine ci ritrovavamo ancora noi due, nel suo ufficio, fino alle 4 del mattino. Potevo vantare una serie di vittorie: eravamo riusciti a passare dal divano dell'ufficio all'intero ufficio che ormai era diventato il nostro nido. Già al terzo incontro eravamo riusciti a rimanere vestiti, di fronte al suo pc, dove lui intendeva mostrarmi alcune fotografie di casa sua, del suo cane, delle sue Ferrari, dei suoi amici, la musica che ascoltava, e cosa amava fare... Dal canto suo anche lui poteva vantase una vincita: era riuscito dal terzo incontro a convincermi a guardare la televisione assieme dove tra un "amore" da lui pronunciato ed un bacio tra uno sguardo e l'altro, sembravamo essere felici. Niente poteva turbarci.
Sapevo benissimo che, per quanto lui avesse avuto relazioni anche con i maschi, in fondo io non sarei mai stato il ragazzo da portare in giro tra i monti e i ristoranti che lui frequentava. Ma non importava, quando eravamo lì, chiusi in quelle 4 mura, io e lui stavamo bene, e tutto spariva. Milano usciva dalla mente e l'esame di cinese sembrava una passeggiata. Finalmente sembravo aver trovato la formula che mi consentiva di vivere una relazione senza ansie e dubbi: evitare di sentirsi tutti i giorni. Niente sms da ricevere, niente risposte da comporre, niente attese, solo noi due, che ci incontravamo, e vivevamo qualcosa che ancora sembrava lontano da poter avere un nome.
Venerdì sera però successe l'inaspettato. Alle 3 eravamo rimasti nel parcheggio dove in genere lasciavo la mia macchina e mi ero trattenuto sulla sua Audi per discutere sul suo carattere a mio parere troppo concentrato sulle persone che lo circondavano. E lì, mentre eravamo a pochi centimentri l'uno dall'altro, fissando le fotografie sull'Iphone, i suoi amici lo videro. E ci raggiunsero.
D'accordo, volevo sparire. Questo era un ottimo modo per far sì che tutto quanto sparisse, che il suo timore degli sguardi altrui gli impedisse di continuare a fare quello che stavamo facendo: stare semplicemente bene. E invece, dopo quell'incontro ed il breve scambio di convenevoli, una volta rimasti soli, mi baciò come mai aveva fatto prima. Un bacio lungo, passionale, interminabile. Un bacio che diceva che di quello che era appena successo non gli importava nulla. Un bacio che significava che avevamo valicato il confine dell'ufficio, e forse anche di qualcos'altro. Mi abbracciò ed iniziò a bisbigliarmi all'orecchio quanto fosse contento di avermi conosciuto, oltre che mi voleva bene.
Iniziò una lunga conversazione, ci sedemmo su un marciapiede a discutere di lui e di come, a detta sua, fossi stato in grado di capirlo più delle persone che lo circondavano. Avevo freddo, mi abbracciò, mi baciò. Un altro bacio, e poi un altro ancora. Ormai qualcosa sembrava essere cambiato.
Alle 4 e 30 decidemmo che forse era giunta l'ora di salutarci e tornammo a casa. Nessuno scrisse alcun sms all'altro fortunatamente. Tornare a Milano la domenica sera era già sufficientemente dura, un sms da parte sua sarebbe stato come sentirsi in difficoltà.
Lunedì tornai nella mia routine milanese, contento del fatto che avevo imparato a vivermi un rapporto serenamente. Non sapevamo ancora cosa eravamo, di certo stavamo dando ognuno il meglio all'altro. Seguii il consiglio di Marion: "consideralo un regalo, vivilo come qualcosa in più".
Martedì sera, Marco mi scrisse un messaggio in cui mi ringraziava e diceva di sentirsi ispirato da me. Qualcosa era cambiato: il mio regalo stava iniziando ad uscire dal pacchetto ed io non potevo fare più nulla per cercare di impedire che uscisse.

mercoledì 14 settembre 2011

Yes, weekend (?)

Anche per Aspirante Carrie Bradshaw è arrivato il primo weekend a Milano. Se vi aspettavate party esclusivi, fiumi di champagne e star sistem allora vi sbagliavate di grosso perchè, il primo fine settimana nella metropoli si è rivelato un emerito disastro.
Venerdi sera. Xander, Vanish e le amiche lesbiche mi invitano alla serata lesbica delle Saini. Partono per mezzanotte e, siccome ho casa libera, decido di approfittare dell'occasione per invitare un bel ragazzo che da tempo voleva passare a farmi visita. Ho però i minuti contati e, siccome lo tengo per le palle, decido di fargli concludere il tutto ad un'ora che mi consentisse di prepararmi al meglio per il mio debutto in suolo metropolitano. A mezzanotte esco di casa, Xander e Vanish non sono ancora partiti, ma io decido di provare comunque l'ebbrezza di un viaggio in discoteca con i mezzi pubblici così, senza nemmeno consultare gli orari. Va così a finire che mi ritrovo in Piazzale Susa senza un distributore di sigarette disponibile, una linea 38 che terminava le corse a mezzanotte e mezza, poca gente in giro, la periferia deserta. Attendo circa un'ora, sperando che i miei amici non siano così maledettamente in ritardo, poi mi rendo conto che ormai sono talmente sudato e stanco che è decisamente meglio rimanere a casa.
Poco importa, mi dico, mi rifarò.
Domenica sera non posso mancare al classico Borgo dove una cara vecchia conoscenza, ormai fidanzata, si sarebbe fatta viva. Un motivo in più per non assentarsi. Tento di nuovo la sorte con i mezzi pubblici ben consapevole che sì, Carrie Bradshaw non si sarebbe mai presentata ad un evento in tal modo ma che agli inizi anche lei non si poteva permettere un taxi. Nonostante un piccolo problema sulla linea rossa approdo in piena periferia (Porto di Mare) e mi accingo a raggiungere la discoteca. Arrivato là mi rendo però conto di una cosa: è sufficiente lavorare la domenica per un intero anno e sei automaticamente fuori dai giri. Facce nuove, gente nuova, concorrenza nuova... il mondo gaio sembra in fibrillazione ed io non ne faccio più parte. Facendomi strada tra la gente incappo però in vecchie amicizie con cui passare la mia serata non troppo esaltante, nonostante mi fossi bevuto a stomaco vuoto mezza bottiglia di Martini prima di uscire di casa. Poi, una volta tirata chiusura (3.00), l'amara sorpresa: "Merda, ed ora come torno a casa?". Metropolitane che chiudono a mezzanotte, taxi troppo cari per le mie carte di credito, io che non ho più le palle di chiedere un passaggio a sconosciuti. "Gambe in spalla, Aspirante Carrie Bradshaw, ti tocca tornare a piedi". Attraverso Piazzale Corvetto con il timore che qualcuno mi sbuchi alle spalle reclamando le francesine nuove che indossavo o, peggio ancora, la mia pochette contenente i pochi spicci per il cibo della settimana; arrivo a Porta Vittoria con i piedi doloranti per via delle mie scarpe nuove e inizio a maledire la città e la mia sfacciataggine perduta. Poi, alle 4.00, vedo all'orizzonte un pullman e scopro che va esattamente verso casa mia. Alle 4 e 30 rientro sudato, con vesciche ai piedi e maledettamente sano.
D'accordo, un weekend come questo nemmeno nella Bella Provincia sarebbe stato possibile, ma, pensandoci bene, iniziare direttamente dall'alto sarebbe stato troppo noioso. Questo sarà ricordato come il fine settimana più basso avvenuto in città, il primo, quello che si toppa perchè bisogna ingranare ancora un pò. Di certo c'è una cosa infatti: peggio di così in futuro mai potrà andare.

giovedì 8 settembre 2011

Entrare nel mood

Ad esattamente una settimana dal mio arrivo a Milano, rendersi conto di averci messo troppo entusiasmo nell'immaginarsi la propria vita milanese non è sempre cosa facile. L'idea di una vita a base di cocktail, buone conoscenze, shopping e party sembrava infatti  ancora lontana, per chi si è appena immerso nel flusso di traffico, gente e negozi ed ha un giro gaio ancora da riprendere.
Come entrare nel pieno mood milanese? Questa era la domanda che continuavo a pormi, perchè, anche se hai una tesi da scrivere e quindi dovresti uscire di casa il meno possibile, sei comunque nella metropoli e farsi un nome è la priorità più assoluta. Provai sin dalla prima sera e per qualcuno dei pomeriggi successivi a darmi agli etero curiosi. Con una camera nelle immediate vicinanze di Corso Buenos Aires non invitare nuova gente passionale sembrava un reato, tuttavia, di fronte all'ennesimo rischio di essere scoperto dalla compagna di stanza (che sa benissimo della mia vita sessuale nomade ma non che invito espressamente individui nella stessa camera) mi resi conto che no, farsi fottere in meno di 20 minuti non era la soluzione per essere milanesi cool, ma solo perditempo.
Martedì pomeriggio mi vidi con il mio saggio cugino milanese, ormai esperto di tutte le zone più gaie della città, per un momento di spesa all'Esselunga di Porta Venezia dove Martina Colombari, in shorts e sneackers, in compagnia del suo filippino tuttofare, ci teneva compagnia tra una spesa e l'altra. "Si tratta di un supermercato molto frequentato" mi dice il cugino "è come il Borgo, non sto scherzando. Ho anche litigato con Malgioglio per una caciotta una volta". Bene, quello era sicuramente il posto dove riassortire la dispensa, utilizzare l'innovativa tecnica del lettore prezzi portatile poi mi rendeva all'avanguardia, ma ancora mancava qualcosa che mi rendesse effettivamente tale.
Arrivò poi la volta delle commissioni in giro per la città, una corsa a Piazza V Giornate (ormai sempre più simile a Times Square in versione medioevo) facendo lo slalom tra un taxi e l'altro con la tua nuova borsa in pelle di bufalo dovrebbe farti sentire parte di lei, la tua nuova anima gemella. Ma niente, nemmeno di fronte alle innumerevoli francesine esposte nei piccoli negozietti glamour di via Piave non mi è servito ad entrare nel mood.
Per non parlare della coinquilina che, ho scoperto, è proprietaria di una discoteca gay pugliese, sta progettando qualche serata gaia in zona e conosce molti più locali gai di te oltre che i nomi delle drag queen più richieste del momento. E quando ti rendi conto che lei conosce anche il chiosco gay di Porta Venezia quando io non sapevo nemmeno esistesse se non dopo che il cugino mi ha lanciato un invito a raggiungerlo per un drink, allora realizzi che in fondo tu di quella città e soprattutto di quello che accade nella comunità omosessuale non sai proprio nulla. Ma che puoi sempre rifarti.
Se, infine, il ragazzo montanaro che hai lasciato in provincia inizia a chiamarti "amore" proprio quando programmi il tuo non ritorno a casa per qualche weekend, allora capisci il motivo del tuo momentaneo spaesamento. Ma, in seguito a qualche titubanza o crisi che ti porterebbe a lasciare subito il tuo appartamento per tornare nella Bella Provincia, capisci che questo è il tuo sogno e che non esistono relazione o lacrime che possono rischiare di compromettertelo. D'altronde sono almeno stato ammesso nel corso di organizzazione di eventi in UniCatt, un buon passo per entrare nel vero mood dello studente milanese dalla vita mondana e paiettata.