mercoledì 22 giugno 2011

La mia collega Marion

Oggi voglio parlarvi di una persona.
Si tratta della mia collega Marion, e voglio dirvi perchè per me conoscerla è stato importante. La mia collega Marion, entrata inzialmente nella mia vita di soppiatto, ha una caratteristica rara: sa capire le persone come poche altre riescono a fare. Così, in un inverno per me fiacco, dove le mie uniche preoccupazioni erano quelle di superare esami e nient'altro, è stata in grado di aprirmi gli occhi. Non mi trovavo di certo nell'apatia che due anni fa, al mio primo anno di università, con una vita gaia e degli amici che avevo scelto di lasciarmi alle spalle, mi aveva colpito e da cui, grazie a Lou* e ad una vecchia amica ormai persa, ero miracolosamente uscito.
Marion, con le sue opinioni e considerazioni su quanto mi stava accadendo, ha avuto un ruolo fondamentale. Ha aperto gli occhi ad un Aspirante Carrie Bradshaw fermamente convinto, dall'alto della sua vita gaia vissuta, di essere già arrivato e gli ha fatto capire quanto fosse importante andare oltre le apparenze. Mi ha insegnato che se c'è qualcosa che si vuole, è sufficiente darsi da fare per inseguirla, nonostante gli ostacoli. Mi ha mostrato come la vita, non sia procrastinare, ma rischiare. E' stata in grado di farmi ricredere sulle apparenze: non conta come si appare, ma far sì che dentro e fuori siano la stessa cosa. E poco importa se nella mediocre vita di provincia, dove la maggior parte delle persone vive secondo schemi rigidi per poi rintanarsi nell'universo virtuale per sfogare le proprie pressioni sessuali, ad esempio, qualcuno ti guarda storto per come sei, perchè quello che conta è come realmente ti senti internamente.
Mi ha regalato l'esperienza di Holly, che mi ha illuminato su una cosa che mai prima avevo realizzato: distinguersi è molto meglio che omologarsi. Avere un'esistenza condotta sulla base dei propri sogni, aspirazioni e sentimenti, allontanando tutto quello che è convenzionale e dettato da altri, è l'unico comandamento, nel mondo di Marion. Perchè, in fondo, come ha detto lei, non è di certo una maglietta troppo scollata o un paio di francesine dalla punta troppo arrotondata, a renderti gaio agli occhi degli altri.
La mia collega Marion mi ha aperto una prospettiva nuova. E mi ha fatto capire come il mio vecchio modo di vedere le cose fosse straordinariamente obsoleto. Perchè sì, pensavo di vivere indipendentemente, senza cercare l'approvazione di nessuno, eppure lei è riuscita ad aprirmi gli occhi, e a rendermi consapevole del fatto che in realtà ero ancora vittima dei ragionamenti altrui. Perchè quello che serve, in fondo, è proprio la consapevolezza di sè.
Così, quando durante una delle nostre domeniche di lavoro, mentre mi lamentavo per una vita troppo monotona, lei mi ha provocatoriamente suggerito di prendere e andare a Milano, ho capito che era quello che mi ci voleva, che non si può aspettare questo per tutta la vita, occorre andare a prendersela, la vita milanese. Da tutti questi episodi, sono riuscito a trarre qualcosa.
E se ora sono diventato più indipendente, non mi curo del fatto che al Moma nessuno si ricorda più di me, e nemmeno mi preoccupo di dover piacere necessariamente a qualcuno per non incappare nella tragica vita da single, lo devo anche alle altre due mie colleghe Gio e Alby, che, con i loro suggerimenti, mi hanno fatto capire come in fondo, essere diversi è un pregio.
Insomma, trovare il lavoro nel mio Maxi Discount di Scarpe, dove l'arte del sistemare scarpe e compiacere i responsabili sembra essere l'unica ragione di vita, Marion e le altre mi ha dato una chiave di lettura diversa della vita. Ed è per questo, che non smetterò mai di dirle grazie. In un modo o nell'altro, è stata in grado di far sì che io mi rimettessi in gioco. Con la mia vita, con gli altri, con me stesso. E a Milano ovviamente.

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