mercoledì 12 gennaio 2011

Un Weekend da dimenticare

Ci sono weekend che lasciano il segno, e quello appena trascorso era uno di quelli.
Sabato pomeriggio Xander mi aveva telefonato con una notizia curiosa: Alessandro, il ragazzo che avevo visto due sole volte ma di cui già tutti i miei conoscenti avevano sentito parlare (non per mia scelta, ovviamente), si sarebbe aggregato a noi per la serata. Il mio amico, che non si faceva scappare certe occasioni, specialmente se si trattava di bei ragazzi, organizzò così una serata a 3 al Moma ed allo Stand Up.
Quella sera, stranamente, non avevo voglia di uscire. Ero così preoccupato per l'esito degli esami che sarebbero usciti da lì ad un paio di giorni, che l'unico desiderio era quello di aver preso almeno un 27, giusto per non abbassare la mia media accademica, ragion per cui uscì più per non dare forfait che per l'entusiasmo di una serata con Alessandro.
Al Moma però, dopo un Cosmopolitan, notai come Xander fosse interessato alla presenza dell'ospite: in sua attesa aveva guardato continuamente il cellulare speranzoso di un suo sms, era preoccupato per una possibile sua buca, si chiedeva se forse era il caso di chiamarlo... insomma: sicuri che ero io quello cotto di lui?
Saltò fuori che Alessandro era a qualche tavolo poco più in là di noi, in compagnia di una sua amica, e mi bastarono poche parole per capire il motivo della sua presenza: mollato dal suo ex, si era ritrovato con il bisogno di conoscere nuovi papabili fidanzati. Io ed il mio amico, che giravamo in locali gai da tempo, facevamo dunque al caso suo.
Ecco spiegato il motivo della serata.
Arrivai allo Stand Up insonnolito, abbastanza presente a me stesso e acido solo come quando sono in compagnia di un tizio che mi garba. E parecchio, anche. Eppure, nel corso della nottata, cercavo di evitare l'ospite in ogni modo. Ero talmente seccato del fatto che mentre era con noi si guardasse in giro con gli occhi da falco, che capì di non dovermi aspettare nulla da lui; ragion per cui ogni occasione era buona per stare fuori a fumare con la sua amica Ely. Chi ero io? Possibile che per una volta non potevo piacere a qualcuno che consideravo carino e interessante? Insomma, che ci facevo lì? 
Mentre ero alla fine del mio drink ed all'inizio della mia terza sigaretta, incappai in Marco, il ragazzo che la scorsa estate avevo frequentato per un paio di settimane prima di capire, con criterio, che non faceva al caso mio. Per un istante mi chiesi se forse non valeva la pena baciarlo: era gentile, intelligente, affidabile... Ma poi il mio lato ancora razionale mi fermò: così facendo sarei ricaduto nella mediocrità che da tempo stavo cercando di evitare. E mi sarei solo accontentato, o meglio, consolato, perchè Alessandro intanto stava cercando di conoscere altri papabili più carini del sottoscritto.
Quel sabato tornai a casa più pensieroso di prima: la delusione per essere stato completamente ignorato da Alessandro era palese, se poi la concorrenza era sempre più evidente, allora potevo ufficialmente ritirarmi dalla movida gaia. Lasciai Xander con questo dilemma, ma il mattino seguente mi alzai più spento che mai di fronte alle 8 ore di lavoro che mi aspettavano.
Cercai di prendere il tutto con filosofia: che vuoi che siano 8 ore? Passano in un batter d'occhio, specialmente in compagnia di Giò e Marion, voleranno!
Eppure non riuscivo a togliermi dalla testa il dilemma della sera precedente: ero davvero così lontano dal poter essere un fidanzato adeguato? Mentre sistemavo scarpe, vidi coppie su coppie e iniziai a capire che mai sarei potuto essere impegnato in una relazione: il mio carattere particolare, le mie esigenze, il mio lato gaio, i miei criteri... E poi, come se non bastasse, Clementia mi scrisse un sms in cui diceva che erano stati pubblicati i risultati dell'esame ed io avevo preso 26. Un punto in meno di quello che aspiravo.
Crollai. Non solo non potevo avere una vita sentimentale normale, ma non riuscivo nemmeno a perseguire i miei obiettivi accademici, quello su cui stavo investendo più di tutto. Mi sfogai con Marion, che forse qualcosa del lato gaio della mia vita aveva anche capito. E lì, tra due scaffali di scarpe sportive a metà prezzo, la mia collega mi diede l'abbraccio e la consolazione che mi serviva.
Un abbraccio che voleva dire: non sei solo, non sei un fallito, non devi cercare l'approvazione di nessuno.
Avrò anche avuto 21 anni di vita gaia alle spalle, ma ogni tanto ricordare certe cose non fa male.
Quella sera corsi subito a casa e stranamente mi misi subito a letto dopo una doccia calda. Un weekend da dimenticare. Un weekend che ha lasciato il segno.

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